Davvero ho scritto un altro romanzo? Sì, mannaggia e – guarda un po’ – sto cercando una casa editrice che voglia pubblicarlo.
Keywords: cyberpunk, sci-fi, distopia, punk, marketing, multinazionali, guerra civile, dominio, punx, ex blocco sovietico, camperismo, galline e orsi, digiuno intermittente, comunità elettronica, post-apocalisse, carcere, il Mago di Oz, tour, musica, Franti, il protocollo D.E.A.T.H., Dead Kennedys, Brave New World, Aldous Huxley, Woland, Pornoriviste, Wretched, Bikini Kill, This machine kills fascists, Wendy O’ Williams, Karl Popper, Kafka (la band HC), analisi dei sentimenti, il diavolo di Bulgakov, metriche di vanità, Baltika, Pussyriot, Misfits, Egor Letov, Graždanskaja oborona, Polizia, Doom, Via Gola, Negazione, Nerorgasmo, Zygmunt Bauman, Finkbrau, Drunkards, Crass, Discharge, Butyrka, carcere in fiamme, rivolta, Kalashnikov Collective.
A volte mi chiedo dove sia l’uomo che temevo e che mi ha cresciuto con Jesus Christ Superstar e Colpo Grosso prima che cominciassi a fumare e decolorarmi i capelli, secondo una costellazione pedagogica tutta sua, fatta di sorsi di brandy, di leggendarie bugie per cui la mia voce era quella di Astrifiammante, –Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen– (La vendetta dell’Inferno ribolle nel mio cuore) ma che non mi permetteva di credere a quella favola hollywoodiana del ricco che salva la puttana (non esistono i principi azzurri e nessuno ti verrà a salvare, diceva), in quel vecchio che rifiuto di vedere malato. Quell’uomo, mio padre, esiste ancora celato in quella sete di vino a buon prezzo e voglia di lottare, in quell’assuefazione alla vita che ha sostituito i tre pacchetti giornalieri di Diana Blu morbide. Resiste nel negarmi la sua paura allo stesso modo in cui decideva cosa era adatto al mio sentire e cosa i miei occhi non dovevano vedere dietro alla sua mano di ulivo capitozzato, tra gli sbuffi rossi di polvere del suo sangue al confino.
Userai le cose fino a quando non saranno consumate. Attimi tenuti insieme da graffette e colla che non è seme per questa terra che cancella i passi e cela l’orizzonte. Suoneranno come una lingua morta e dimenticata le regole sbiadite dettate da chi ti voleva fragile.
E non chiederai scusa per aver scelto la notte, la lotta, la saggezza del grembo, la verità dei sospiri e per i capelli color degli spettri che hai tagliato a quella bambola che ti avevano regalato da bambina.
Non chiederai scusa per quella domanda che ti fai sempre all’arrivo del treno con gli occhi in bilico sul binario.
Imparerai a cacciare e a curarti da quella gatta che ha il respiro di tutte le femmine della storia. Ti nutrirai di ciò che è perduto per sempre, mangiando solo per mandar giù vino scadente e accantonerai i libri per ridere con uomini sbagliati.
Lotterai per gli alberi spogli, i marciapiedi infuocati, il silenzio del tempo che nulla cicatrizza. Ti chiameranno: fiera.
Wendy, vecchi occhi di orzata manto di pioggia e buccia di salame naso umido pensante
Precipito insieme a te, goffa, al tuo fianco che potresti liberarmi di questa mia vita tra le fauci ma su cui vegli da tre minuti o tre millenni.
Ci siamo chiesti cosa fosse il tempo per il cuore di una cagna con la memoria del fango, delle infinite foreste, delle lotte tra branchi, del canto dei lupi e dei falò dei primi uomini, legata a quelle tue zampe inceppate in un loop di sogni, ringhiare, tuoni e saggezza.
Resta ancora qui perché io non ho i tuoi artigli o la tua mandibola capace di spezzare ossa, ma condivido quelle tue gengive insanguinate a custodia di denti che il tempo ha limato.
E questi giorni, in cui ogni ora è preziosa, ed ogni tua ora basta a restituire furia e fierezza alla parola “cagna” nei secoli passati e in quelli a venire, ho bisogno di te come mai prima.
Perché non ho ancora imparato a cambiare il pelo e quella tua pelliccia, che puzza e seduce, mi è necessaria per essere me stessa in questo mondo.
Bellissima e sentita recensione del mio romanzo Brucia La Vecchia edito da Bookabook dal blog Inchiostro e Parole. Grazie davvero. Quando l’ho letta ho dovuto rileggerla più volte e ad alta voce, perché non mi sembrava possibile che una sconosciuta potesse sbrigliare la matassa dietro al mio scrivere.
Recensione
Ho appena finito di leggere il romanzo e sono senza parole. Sto facendo fatica a raggruppare le idee, formulare un giudizio, esprimere un parere. Penso ai protagonisti della storia, quelli della fotografia, e provo un senso di disagio. Penso alle loro vite, alle loro scelte, e sento tanta rabbia e poca compassione. Io non ho necessità di perdonarli, come Nilde; per me non sono l’unica cosa rimasta di un passato mai avuto. Sono sensazioni così forti quelle che provi leggendo “Brucia la vecchia“, che fanno la differenza tra un buon libro e uno mediocre. E io credo che quello di Valeria Disagio sia uno dei più bei romanzi che ho letto negli ultimi mesi.
È una storia che ti arriva dentro e ti scuote; una narrazione che ti trascina nel baratro di queste vite spezzate e perse, e nella ricerca di una verità che si fa sempre più soffocante ma mano che viene rivelata. Ma, soprattutto, è un libro scritto in modo impeccabile. Non amo fare paragoni, ma spesso la scrittura di questa autrice mi ha ricordato quella di Paolo Giordano, soprattutto in “Divorare il cielo“. C’è una freddezza, un distacco nel descrivere la vita dei cinque amici, che ti lascia perplessa e proprio per questa sua caratteristica ti colpisce ancora di più. È un raccontare mettendo insieme i fatti (come dice la mamma di Alberto) per arrivare alle ragioni per cui quegli stessi fatti sono avvenuti.
[Per leggere l’intera recensione, che suggerisco fortemente, cliccare qui]
«Mio caro giovane amico» disse Mustafà Mond «la civiltà non ha assolutamente bisogno di nobiltà o eroismo. Queste cose sono sintomi d’insufficienza politica. In una società convenientemente organizzata come la nostra nessuno ha delle occasioni di essere nobile ed eroico. Bisogna che le condizioni diventino profondamente instabili prima che l’occasione possa presentarsi. Dove ci sono guerre, dove ci sono giuramenti di fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cui resistere, oggetti d’amore per i quali combattere o da difendere, là certo la nobiltà e l’eroismo hanno un peso…» Il Mondo Nuovo (Brave New World), Aldous Huxley, 1932
La verità ha il suono di uno schiaffo e si presenta come pelle verde e squamosa, sotto un travestimento ben riuscito. Il ricordo comune è quello di un segreto difficile da mandar giù, come ratti ingoiati ancora vivi e scalpitanti, dalla bella e spietata Diana e il suo make-up da top model. Un ricordo indelebile: quel volto sfregiato che svela un orribile rettile, con gli occhi rossi e le pupille a fessura. Per chi è stato bambino nei primi anni Ottanta, quello dei Visitors, è un incubo pop difficile da dimenticare. Ma è stato proprio il desiderio di esorcizzare quella paura infantile e/o la ricerca di una manciata di ore di puro intrattenimento trash e nostalgico, che hanno creato un’occasione di riflessione inaspettata. Tutto inizia con un reporter d’assalto che racconta una guerra. Una battaglia combattuta con armi convenzionali a cui siamo abituati: bombe, fucili, proiettili ed elicotteri militari. Ci sono vittime e ci sono carnefici. I due schieramenti sono ben evidenti. Ed è proprio lì, in tutto il suo mistico orrore, che si presenta per la prima volta l’immensa navicella spaziale dei visitatori. La prima di tante che andranno a proiettare un’ombra minacciosa sulle principali città del mondo. Eppure i Visitatori sono venuti in pace. La loro voce è fredda e metallica, ma parlano la nostra lingua. Parlano a noi. Uno per uno. In ogni angolo della Terra risuona il conto alla rovescia, verso l’alba di una nuova era o verso l’ultima alba che vedremo, pigola spaventata la tipica teenager americana che “non vuole morire senza averlo mai fatto”.Gli alieni hanno scelto nomi “terrestri” perché i loro sono troppo complicati da comprendere e memorizzare. Solo nomi di battesimo, semplici e comuni, senza cognome e senza titolo. Sono John, Peter e Diana. Come il nostro vicino di casa o il collega con cui ci si fuma una sigaretta prima di un turno in fabbrica. I Visitatori sono venuti da noi a causa del sovraffollamento del loro pianeta di origine.
Come può l’umanità far fronte al problema del rapido incremento demografico? Non molto bene. I fatti dimostrano che in quasi tutti i paesi sottosviluppati la sorte dell’individuo medio è considerevolmente peggiorata nell’ultimo mezzo secolo. La gente si nutre peggio. È diminuita la quantità di beni pro capite. E in pratica ogni tentativo di migliorare la situazione è andato a vuoto, per la pressione continua dell’incremento demografico. Ogni qual volta si fa precaria la vita economica d’una nazione, il governo centrale è costretto ad assumersi nuove responsabilità, per il benessere generale. Deve elaborare nuovi programmi per far fronte alla situazione critica; deve imporre nuove restrizioni alle attività dei soggetti; e se, come probabile, dal peggioramento delle condizioni economiche consegue agitazione politica, o ribellione aperta, il governo centrale deve intervenire, a tutela dell’ordine pubblico e della propria autorità. Ritorno Al Nuovo Mondo (Brave New World Revisited) Aldous Huxley, 1958
Le risorse del loro pianeta si stanno esaurendo, al contrario della Terra che ne è ricca. Scopriremo ben presto che quelle “risorse” non sono altro che acqua e carne. Siamo nel 1984 e risulta piuttosto inquietante – una sorta di oscuro presagio – il fatto che a distanza di trent’anni esatti, nella realtà, carne ed acqua siano effettivamente diventate delle emergenze ambientali e sociali. I Visitatori vogliono prosciugare le risorse idriche della Terra ed “importare” il bestiame, cioè l’uomo, per nutrirsene. Esaurite le risorse della Terra, invaderanno un altro pianeta. E così via… perché nonostante abbiano la consapevolezza che il loro tenore di vita sia ingestibile, distruttivo e parassitario, preferiscono aggredire, schiacciare e sfruttare l’”altro” piuttosto che rimettere in discussione loro stessi.
La Storia ha però insegnato – a questi grossi rettili antropomorfi – che nell’epoca moderna una guerra manifesta non è quasi mai la scelta migliore. Le guerre sono lunghe, costose e fiaccano gli animi dei cittadini già inquiete per la crisi. Il modo migliore per ottenere ciò che vogliono, è fare in modo che siano gli stessi uomini – l’anello debole del sistema Universo – a fabbricare le catene della propria schiavitù. Abbiamo detto che i Visitatori parlano la stessa lingua dei terrestri ed infatti promettono loro soldi, lavoro ed una cura per il cancro. In cambio prendono in gestione le fabbriche della Terra, scelgono una schiera di giornalisti come portavoce ed istituiscono il club de “Gli amici dei Visitatori”, una falange paramilitare a metà strada tra i Boy-Scout e la Gioventù Hitleriana.
Hanno quattro dita e un pollice, condividiamo lo stesso percorso evolutivo, dice l’antropologo che comincia a farsi troppe domande sui Visitatori. L’uomo ha notato che hanno la pelle fredda, non mangiano cibo cotto, non vengono punti dalle zanzare e al loro passaggio fanno innervosire gli animali.Sembrano come noi, ma sono diversi. La loro è soltanto una maschera rassicurante,denuncia la biologa che raccoglie un campione della loro pelle “umana”… Spariranno nel nulla. Dall’oggi al domani. Prima nelle università, poi nei laboratori di ricerca ed infine persino i medici negli ospedali. Li prendono uno ad uno. Loro e la loro sconveniente predisposizione a farsi domande. Ma devono farlo senza destare dissensi, perché il popolo deve continuare ad amarli. I Visitatori hanno bisogno di essere legittimati anche in ambito affettivo. E non c’è nulla come mostrare la propria debolezza per giustificare una presa di posizione autoritaria o un’aggressione violenta. Perché se ci sono delle vittime, ci sono dei cattivi. I giornalisti di regime urlano ai quattro venti che una fantomatica congiura degli scienziati minaccia la stabilità e la pace. Gli scienziati fanno diventare tristi i nostri amici Visitatori! I Visitatori sono buoni! Portano lavoro e portano progresso!Ingrati! Ecco così che gli uomini di scienza diventano detestabili e sconvenienti dal punto di vista sociale. Sono terroristi. Vanno segnalati e tenuti sotto controllo. Non vanno invitati alle feste. Vanno allontanati e disprezzati persino i parenti più stretti o i vicini di casa.
«Ogni cambiamento è una minaccia alla stabilità. Questa è un’altra ragione per cui siamo poco disposti a utilizzare nuove invenzioni. Ogni scoperta nel campo della scienza pura è sovversiva in potenza; anche la scienza deve essere trattata come un possibile nemico. Sì, anche la scienza.» Il Mondo Nuovo (Brave New World), Aldous Huxley, 1932
È come nel ’38 a Berlino, dice il sopravvissuto all’Olocausto che ospita una famiglia di scienziati fuggiaschi. Li nasconde agli occhi di quel nipote buono a nulla, membro de “Gli amici dei visitatori”. Il ragazzo ha aderito in cambio di armi, una divisa e quel poco di potere, che usa per cercare di far sua la figlia vergine dello scienziato. Al rifiuto di lei segue la vendetta: la famiglia viene denunciata e deportata. Le guardie però, troveranno soltanto il vecchio con la kippah sul capo che intona un canto sacro.
Insieme alla repressione, arriva la propaganda. Grandi manifesti che tappezzano le strade e che ritraggono i Visitatorisorridenti nelle loro divise ed una grossa scritta “OUR FRIENDS”. Faccio solo il mio lavoro, si difende la giornalista che fa da eco al volere degli invasori. Ho sentito questa frase decine e decine di volte durante il processo di Norimberga, la accusa un collega.E poi c’è la resistenza. Disorganizzata, raffazzonata e per nulla incisiva, ma c’è… e ha il volto di una vecchia che scaglia una molotov nella navicella del nemico. Ha il volto di una giovane leader pasionaria che deve decidere, minuto per minuto, quali saranno le sue azioni. Nessuno le ha spiegato come si fa… eppure lei prende il comando e guida la rivolta. Ed è in questa – qualcuno direbbe – epica ed eroica battaglia che scopriamo però quanta paura, quanta vigliaccheria e quante morti inutili può portare con sé la lotta all’oppressore. Persino in un telefilm degli anni Ottanta! Nessuno dei membri della resistenza è convinto di fare la cosa giusta. Nessuno si sente un eroe o parte di qualcosa di epico. La paura è tale da spingere uomini forti ed intelligenti ad atti vili e codardi. Nessuno ha la certezza che le proprie azioni, il proprio sacrificio o il correre dei rischi, avranno poi un’effettiva ripercussione positiva per la lotta… eppure vanno avanti, spinti da qualcosa che è difficile spiegare…
Viene per esempio, spontaneo chiedersi quanto “eroica” possa sentirsi quella giovane e bella ragazza, nel momento in cui sacrifica il proprio corpo e la propria sessualità, per estorcere informazioni sensibili al nemico reso vulnerabile a affabile durante il post-coitum. O quanta nobiltà ci sia nella crudele – ma utile – morte dell’anziana signora che viene uccisa come un cane in uno scantinato, durante un’azione di sabotaggio. Come c’è ben poco di poetico nel “terrorista di professione” che porta disciplina e tecnica, a quella che era una manciata di uomini e donne disperati. Eppure ogni singolo atto, nella sua confusione o nella sua miseria apparente, porterà gli uomini alla vittoria e alla libertà. Così, come tanti puntini collegati tra loro che conducono ad un disegno più ampio. Un disegno che il singolo individuo forse, non può comprendere nella sua interezza.E c’è quella frase… all’inizio di ogni puntata:
All’eroismo dei combattenti della resistenza – passata, presente e futura – dedichiamo con rispetto questo lavoro.
E quella V, rossa, dipinta con la vernice spray. La “V” della vittoria degli uomini liberi.