3. REPORT#1 | IL GRANDE ROGO DEL ’25

3. REPORT#1 | IL GRANDE ROGO DEL ’25

12 giugno 2040 – Linea Cadorna, Monte Orsa. Distretto montano della Valceresio.

Il nostro tour è partito dalla provincia.

Non ricordavo più cosa volesse dire vivere sconnessa dal mio dispositivo occhio-orecchio. L’avanguardia della tecnologia, della modifica del corpo e il design di innesti magnetici microdermali che nascono dietro al padiglione auricolare, brillano di luce pulsante sulla tempia e strisciano sotto il sopracciglio per agganciarsi ad un gioiello di acciaio chirurgico a ponte, nella parte alta del naso, tra i due bulbi oculari. 

Da quando ho disarticolato il mio dispositivo dal servitore della rete della Woland Corporation, devo essere io a capire, per esempio, se ho voglia di patatine fritte e dove posso trovare la friggitoria più vicina e più quotata dalla comunità elettrica.  

Devo essere io a bere quando ho sete e ricordarmi di farlo. 

Non ho il conforto di un immediato riscontro in merito a ciò che indosso o ascolto o frequento. Né di ciò che penso. Dobbiamo essere noi a scegliere, a prendere le nostre decisioni.

E infatti ci siamo persi. 

Siamo finiti in mezzo ad un bosco e lasciato il camper a lato della strada, per evitare una fusione del radiatore surriscaldato dalle fatiche della salita impervia e degli imperturbabili tornanti, le curve a gomito e a zig-zag, indifferenti alla sofferenza del vecchio camper di Monica. 

Abbandonata la pianura piastrellata della grande metropoli di Milano, non c’è rettilineo che non si trasformi, all’orizzonte, in una svolta. Curva che non sia in discesa o salita che non nasconda una rovinosa china dietro al suo picco.  

Abbiamo visto il paesaggio cambiare. Addio città-fabbrica e addio città-commerciali. Addio campi lasciati incolti dalla pianificazione agricolo-economica del Buon Senso. Addio tele-strada regolare e magnetizzata su cui non è necessario essere vigili alla guida. Una volta entrati in Provincia, disarticolati i nostri dispositivi e afferrato il volante, la strada ha cominciato a inasprirsi e lungo la nostra prospettiva, si stagliavano le prime colline. Soffici collinette ricoperte di un verde rigoglioso e brillante, in principio, ma poi il verde si è fatto sempre più cupo, fino ad alternarsi a rocce grigie, ruvide e dall’aspetto minaccioso.  

Sbucando oltre una lunga galleria, ci hanno accolto  cinque vette aguzze a saturare la nostra vista. Oltre quelle vette brilla il Lago di Lugano e la costa Elvetica. Ed è lì che abbiamo progettato di fuggire nell’eventualità che qualcosa vada storto in occasione del nostro primo concerto clandestino. 

Abbandonato il camper abbiamo deciso di proseguire a piedi, grazie alle indicazioni scarabocchiate su un foglietto da Fausto,  intanto che parlava con un arcaico telefonino cellulare con A. del collettivo clandestino alla regia della nostra prima data del tour. 

Monica stava legando la sua gallina con un guinzaglio fuori dal camper, quando abbiamo sentito alle nostre spalle una voce maschile che ricordava, però, il tubo di scappamento di un mezzo a motore. 

 «Non vi conviene lasciarla lì, a meno che non vogliate applicare il protocollo D.E.A.T.H. alla gallina. Qui – disse alzando entrambi le mani come a verificare che non piovesse – vivono liberi e selvatici diversi animali come leprotti, tassi, cinghiali e volpi ghiotte di tutto ciò che ha le piume e il becco!» aveva detto il ragazzo con la voce a scoppio, accogliendoci con un grande sorriso giallo di nicotina. 

Dopo essersi presentato stringendoci le mani ed abbracciandoci, si è acceso una sigaretta davanti a noi ed io ho abbassato lo sguardo per la vergogna. 

«Volete? – ci ha chiesto porgendo il pacchetto – ne abbiamo scoperto, e continuiamo a farlo, a quintali qua tra le montagne!» 

Lo sapevo. Conosco la storia di questi luoghi eppure ho ascoltato volentieri il suo racconto di queste montagne, rotta di contrabbandieri e criminali in fuga. Durante le mie indagini preliminari e la pianificazione dei concerti, ho svelato parte dei segreti che questi boschi nascondono. E ricordo, che nel farlo, la mia pelle si era ricoperta di puntini in rilievo e mi si era rizzata la peluria sulle braccia, intanto che un brivido strambo mi ha attraversato il corpo. Ho tremato nonostante le miti temperature di una Primavera inaspettatamente così calda, da ingannare persino le lucertole che, irrompendo tra le crepe del cemento,  si scaldavano alla luce degli schermi pubblicitari. 

Ero a conoscenza del fatto che determinate emozioni potevano generare dei corto-circuiti sensoriali, come tremare anche se non fa freddo, appunto, o svegliarsi in un bagno di sudore persino in pieno Inverno. Ridere fino a lacrimare o ridere nel pianto. Il Buon Senso mi diceva che sarei dovuta stare alla larga da un posto del genere, ma avevo sentito una sorta di livida attrazione per la storia, meschina e sbagliata, di quei boschi. 

Luoghi di sofferenza.

«Tra queste vette nessuna guerra è mai stata combattuta, eppure ogni singola pietra deposta è frutto della miseria, dello sfruttamento e della follia militare» ci ha svelato Signor Nicotina, Monossido di Carbonio, Catrame ed Ammoniaca.  

Ci siamo guardati intorno. Ai lati del sentiero, che aveva smesso di assomigliare una strada da troppo tempo, all’ombra degli alberi e tra il marcire e il rigenerarsi delle foglie in humus, facevano capolino delle cupole di pietra con scorci, finestrelle e feritoie scolpiti nella roccia per far passare luce, aria e la canna di un fucile. 

Messa al sicuro Gallina Siouxsie abbiamo proseguito il nostro cammino con basso, chitarra, gli zaini e il resto della strumentazione sulla schiena. Ci hanno raggiunto, superandoci, altre persone cariche all’inverosimile; chi di panini, chi di birre in lattina ammassate in grandi bidoni di latta adattati a zaino o grosse giare di pioppo intrecciato sorretti con fasce in tensione sulla fronte. 

«Questo è l’ultimo carico, Ballard» ha detto una ragazza dalla larghe spalle e le braccia ricoperte di brutti tatuaggi, appoggiando a terra una cassa che teneva in bilico sulla testa. L’urto col terreno ha dato origine a sbuffi e nuvole di polvere, provocando alcuni colpi di tosse in serie alla ragazza che non si è preoccupata, però, di coprire la bocca con l’incavo del gomito né tantomeno, di disinfettare il perimetro di aria che la circondava. Ho abbassato lo sguardo, ancora una volta, per la medesima sgradevole sensazione che si avverte nel vedere il pus di una ferita infetta e le gocce di sudore di chi perde il controllo dove altri resistono.  

“Credo che il bosco non sia regolato dalle stesse leggi della città e così chi li vive” ho pensato.

 «Questa volta ti sei superata, Lara. Dove ne hai trovati così tanti?» ha chiesto un altro ragazzo che ricordava un cyborg mutante, con una grancassa sulla schiena, aste agganciate a gambe e braccia, cavi che si attorcigliavano come serpenti attorno al collo e un mixer al posto del torace. 

«Non ne ho la più pallida idea. Lo sa la Dea, lo sa! Non mi è mai successo di avere così tanta fortuna. Ma al momento spero solo di darli via tutti per non doverli riportare giù! Pesano, mannaggia. Pesano così tanto che sto rivalutando la mia posizione in merito alla piattaforma digitale di Willy Wonka!» ha detto scoppiando a ridere, seguita da Ballard e il cyborg avvolto nei cavi. 

«Willy Wonka?» ho chiesto senza ottenere risposta, poiché il bottino di Lara ha catalizzato l’attenzione di tutti i presenti, compreso Fausto che si è inginocchiato, come in preghiera, verso la cassa. 

Al suo interno: decine e decine di musicassette, CD e vinili proibiti con teschi, robot, esplosioni nucleari, bestie feroci, filo spinato, armi e bombe a mano, divinità terribili, città in rovina e motoseghe disegnati sulle copertine. Erano uguali a quelli dell’illecita collezione di Fausto. Simili a quei dischi sequestrati dai Tutori della Serenità e che ci erano stati assegnati dalla Woland Corporation durante la nostra officina di lavoro nei primi giorni di Primavera.  

I mortificatori – Proposta per una serie

I mortificatori – Proposta per una serie

“I Mortificatori: horror d’amore, arte e cicatrici” è un thriller dalle tinte piuttosto violente ed orrorifiche, ma divertente. Ambientato in una piccola città di provincia, tra artisti, artistoidi, punx, sociopatici e leggende metropolitane che ruotano attorno a una setta che si narra rapisca artisti talentuosi distrutti dall’egocentrismo, dalla depressione o dagli eccessi e ne simulino la morte – a 27 anni – , per poi rieducarli a furia di torture, supplizi e schiaffoni. Leggenda metropolitana o realtà?

Toccherà ad Orso Marcuse, hikikomori appassionato di film horror e piante carnivore, scoprire se sono proprio i mortificatori i mandanti del rapimento dell’amata e inquieta Adele, pony express di professione e mina vagante per vocazione.

Presentazione del soggetto

IL GRANDE ROGO DEL ’25 – Sinossi

IL GRANDE ROGO DEL ’25 – Sinossi

Davvero ho scritto un altro romanzo? Sì, mannaggia e – guarda un po’ – sto cercando una casa editrice che voglia pubblicarlo.

Keywords: cyberpunk, sci-fi, distopia, punk, marketing, multinazionali, guerra civile, dominio, punx, ex blocco sovietico, camperismo, galline e orsi, digiuno intermittente, comunità elettronica, post-apocalisse, carcere, il Mago di Oz, tour, musica, Franti, il protocollo D.E.A.T.H., Dead Kennedys, Brave New World, Aldous Huxley, Woland, Pornoriviste, Wretched, Bikini Kill, This machine kills fascists, Wendy O’ Williams, Karl Popper, Kafka (la band HC), analisi dei sentimenti, il diavolo di Bulgakov, metriche di vanità, Baltika, Pussyriot, Misfits, Egor Letov, Graždanskaja oborona, Polizia, Doom, Via Gola, Negazione, Nerorgasmo, Zygmunt Bauman, Finkbrau, Drunkards, Crass, Discharge, Butyrka, carcere in fiamme, rivolta, Kalashnikov Collective.

Il SANGUE di G.G.Allin

Il SANGUE di G.G.Allin

Abbiamo detto di amarci troppo presto. Non che non lo credessimo… La cosa era stata sincera, forse incentivata da una sbronza colossale, ma comunque autentica. Ci conoscevamo da pochi mesi. Eravamo solo colleghi in un negozio di dischi, quando me lo hanno presentato, ho pensato che doveva essere un tipo strano. Forse troppo fuori dalle linee di condotta e buonsenso a cui sono sempre stata abituata. Entrambi con storie finite male alle spalle e nessuna voglia di investire energia e tempo in una relazione. Perché tutti, ma proprio tutti i rapporti umani sono destinati a far del male. Gli amici si trascurano, gli amanti si tradiscono. É così, per quanto idilliaco possa sembrare, ogni legame umano è una forma di lenta e silenziosa tortura. Eppure, si stava dannatamente bene insieme, cinici e disincantati, anti-romantici per eccellenza. Non progettare niente che andasse oltre la settimana, vivere il presente, rifiutare anche la più debole spinta ottimistica di sognare un domani insieme. Oh  sì, una sintonia sessuale favolosa, ma anche la consapevolezza che prima o poi avremmo scopato sempre di meno fino a smettere di avere voglia di farlo. Ci saremmo trovati noiosi, prima o poi.

In mezzo ai dischi e ai vinili una storia d’amore “no future”… Quella parola, “amore”, veniva derisa e disprezzata. Fino a quella sera… Una bottiglia di whisky in due e io piegata in due sul cesso a vomitare. Lui con una mano sulla mia fronte, che mi puliva la bocca con una salvietta umida, premuroso e preoccupato, chiese dell’acqua calda e limone alla barista.

«É inutile che ci raccontiamo stronzate» dissi sbiascicando.

«Per quanto masochistico possa risultare, non siamo fatti per vivere da soli. Senza un compagno, sarei destinata a morire soffocata nel mio vomito nel sonno, da sola. Da sola! Con i miei gatti che mi mangiano la faccia» piagnucolai e vomitai ancora un po’, accasciandomi sul pavimento pieno di piscia. Fu in quel momento che lo disse.

«Io ti amo, ti amo dal primo momento che ti ho vista».

Da quella sera abbiamo passato mesi e mesi ad amarci senza freni. Giornate vissute in totale simbiosi a riempirci di baci la faccia, le mani e le braccia. Baci rubati quando il negozio era deserto. Sfiorarsi di nascosto dietro la cassa e quel vuoto, quell’incapacità di esprimere ciò che ci univa. Il “ti amo” non bastava più. Lo avevamo detto ad altre persone, credendoci, ed era finita di merda. Tra noi era diverso. Noi sapevamo che saremmo invecchiati insieme. Il “ti amo” era diventato “ti amo da morire”, ma neanche quello era sufficiente. Volevamo un’espressione, un’immagine che rappresentasse a pieno ciò che ci legava. Qualcosa che nessuno aveva mai detto ad un’altra persona. Qualcosa, che il più nobile dei poeti, non sarebbe stato in grado di esprimere.

Un giorno in negozio, il corriere ci portò gli ordini della settimana. Spacchettando scatoloni, lui emise un urletto di eccitazione e frenetico si precipitò verso il lettore dvd emozionato come un bambino, disse:

«Questo non te lo puoi perdere. Sai chi è G.G. Allin?»

Non lo sapevo e ciò che vidi dopo mi lasciò senza fiato. Un uomo calvo, nudo, pieno di sangue che canta e caga sul palco. Poi prende la sua merda e se ne spiaccica una parte addosso, il resto la butta sul pubblico. Un uomo col cazzo più piccolo che avessi mai visto in vita mia. Un uomo, sporco di merda e sangue, che va da una donna giù dal palco e le prende la testa e cerca di forzarla a succhiargli il micro-cazzo, ma non ce la fa, perché arriva un ragazzo e comincia a picchiarlo.  Il resto del pubblico scappa e lui li insegue, per poi finire in mezzo ad una strada qualsiasi di New York. La telecamera registra la reazione della gente per strada. Il disgusto. Non avevo mai visto niente di simile.

«Oh mio dio..» dissi, «Non è per niente igienico!».

«É G.G. Allin, piccola. Occhio a come parli di lui. Questo è stato il suo ultimo live. Dopo poco tempo è morto… »

«Ho capito… ma dai, fa schifo. Sarà pieno di malattie.»

«Su questo ci puoi scommettere. Dal suo sangue credo che si sarebbero potuti estrarre i ceppi delle più gravi malattie dell’ultimo secolo.»

«Amore…»

«Dimmi, cara?»

«Ma se andassimo insieme ad un concerto di G.G. Allin…»

«Impossibile. Ti ho detto che è morto.»

«Sì, ok… è un discorso ipotetico. Ma se G.G. Allin fosse ancora vivo, e decidessimo di andare ad un suo concerto e lui dovesse farmi ciò che ha fatto a quella ragazza…»

Lui mi guardò e senza farmi finire la frase, disse:

«Ho capito ed è sì: ti amo così tanto che toccherei G.G. Allin, il suo sangue malato e la sua merda infetta per salvarti amore mio.»

«E io verrei con te al concerto e accetterei il rischio di farmi lanciare la sua merda addosso, se tu lo desiderassi Amore.»

“Con la Brignani, via all’era delle autoproduzioni” Varese Report – 14 Giugno 2010


…C’era una volta una brava scrittrice, Valeria Brignani, che esordisce con un bel romanzo, “Casseur”, e dopo cinque anni conclude il secondo romanzo. E allora? Se lo autoproduce: va in copisteria, paga il conto, vende il volume al prezzo politico di cinque euro, se lo promuove da sola. Con un book trailer sofisticato e incisivo, nulla di simile mai visto a Varese, che propone ad un pubblico rigorosamente under-30 le atmosfere del romnanzo. E al suo arrivo a Varese, lancia, con un banchetto, anche altre autoproduzioni di giovani intelligenti. Editori spiazzati (soprattutto quelli che pubblicano a pagamento), mondo culturale lasciato dietro anni luce, piccole nicchie parnasiane “te saludi”, come dicono nella vicina (e sbrigativa) metropoli…

“-Ritorno all’ordine- per la scrittrice Valeria Brignani” Varese Report – 9 Giugno 2010

…La scrittrice Valeria Brignani, una tra le giovani autrici più interessanti a Varese, presenterà a Laveno e a Varese il suo ultimo romanzo. Sembra che siano passati anni luce dalla sua opera prima, quel “Casseurs” che, per grinta e linguaggio, non era passato inosservato. Da allora (era il 2005), molta acqua è passata sotto i ponti. E dall’universo giovanile border-line e trasgressivo, siamo passati ora ad un romanzo intitolato “Ritorno all’ordine”…

“Laveno, kermesse per giovani (e negligenti) lettori” Varese Report – 7 Giugno 2010

….Tra i giovani autori presenti alla kermesse, sempre attorno a mezzanotte, segnaliamo l’incontro con la scrittrice Valeria Brignani, indimenticabile per il suo romanzo fuori dal coro “Casseur” (di lei, dice la biografia: “è nata a Varese, alle otto del mattino, di un piovoso lunedì di novembre del 1982…Vive in mezzo ai boschi”). Sul fronte dell’arte, una mostra dedicata alle tavole originali di Corrado Roi, grande disegnatore di Dylan Dog…..

“Tibe e Valeria, la letteratura a Varese suona bene” VareseNews – 9 Aprile 2010

…Tibe e Valeria hanno fatto qui il liceo, lavorano per cooperative o come dj nei locali. Qui li si conosce perché li trovi sul discobus o al lago di Monate, ma a Londra o a Baltimora sono semplicemente “degli scrittori italiani”. Nessuno di loro però, racconterà ai varesini il suo libro in maniera usuale: lo farà invece diventare spettacolo teatrale, performance multimediale…

“Amordilibro Giovani, al Santuccio la letteratura si fonde con la musica” VareseNews – 8 Aprile 2010

…E sempre a giugno verrà presentato “Ritorno all’ordine” l’ultimo romanzo di Valeria F. Brignani, giovane autrice varesina che molti conoscono come animatrice del Discobus che la Cooperativa Lotta contro L’emarginazione organizza i sabati sera fuori dai locali. “Ritorno all’ordine” romanzo senza ancora un editore che verrà distribuito fotocpiato durante una serata, sarà presentato con esibizioni live disarticolate di musicisti varesini e proiezione di un cortometraggio sul libro in un mix che si preannuncia particolarmente originale….

“CASSEUR: La lotta, l’ebbrezza e la Città Giardino” Gaffi Editore in Roma, 2005

n. 14 – Serie grigio nichel
Pagg. 175
Formato 12X16, brossura, colori.
Codice ISBN 88-87803-44-7
Uscita: febbraio 2005

Un viaggio che comincia nell’Ascensore di un palazzo al centro di Varese, oggetto di timore e desiderio da parte della bambina, figlia dei portinai. La lotta ha inizio proprio dentro alla scatola magica, contro la quale la ragazzina getta la propria rabbia sotto forma di “graffio”: una R.E.V.U.E.L.T.A. contro gli adulti e le ingiuste regole della loro convivenza.
Un viaggio dentro e intorno a sé, nelle nebbie di una Varese che non è solo canapa svizzera e lega nord, ma anche inquietudine, fermenti vitali, urgenza di movimento, voglia di colore e calore. (dalla prefazione de iQuindici – Wu Ming Foundation).

Scaricabile nella biblioteca copyleft de iQuindici.