“BRUCIA LA VECCHIA” SU EMOZIONI TRA E RIGHE DI ELIANA STEFANI

“BRUCIA LA VECCHIA” SU EMOZIONI TRA E RIGHE DI ELIANA STEFANI

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Recensione di “Brucia la vecchia”

28 Febbraio 2020

Ciao amici, lo so lo so, è da un pò che non vi tempesto di recensioni e vi sto mancando :p ma tra questa pandemia dettata dal Coronavirus -che ha portato a tenermi a casa Carlotta- e la ristrutturazione della casa nuova, mi sono trovata più occupata del solito però finalmente posso parlarvi di questo stupendo quanto triste libro.

Ho iniziato questo libro una mattina mentre facevo colazione in un bar della mia città e poi ho proseguito la lettura nel mio lettone, di sera, dove il silenzio e la calma creavano il perfetto ambiente di lettura.

In questo libro troviamo Nilde, un’adolescente che vive a Colle Torto, un paesello tra le montagne, insieme ai suoi nonni materni.

E’ li che un’estate arriva Alberto, buio ragazzo di città che porta un’aria di freschezza in quella vita triste e monotona della protagonista portandoli ad amarsi visceralmente e fondersi tra i primi rapporti e sinceri sfoghi giovanili ma tutto questo, insieme alla fine dell’estate, tramuta in uno shock enorme per la protagonista che viene a scoprire di aver un padre ovvero l’assassino di sua madre che ora ha scontato la pena e vuole conoscerla.

Cade così il mondo per Nilde ma non si scoraggia e decide di scoprire la verità sul passato di cui non ha mai sentito parlare; così facendo incontrerà persone diverse, mutate ma accomunate da sua madre, Alice ma dove condurrà questo intreccio di vite?

Leggere questo libro è stato come tornare adolescente…rivivere la mia gioventù nel mio paesello d’origine dove venivo sempre guardata ed etichettata perché diversa quindi è stato automatico, viscerale rivedermi in Nilde e sentirmi subito affine a questa protagonista.

Man mano che la storia prosegue, si scopre il passato dei personaggi collaterali che si intrufolano nella vita della protagonista sviscerando tante dinamiche e tante situazioni particolari che gli hanno condizionati a tal punto da strapparsi via le emozioni più belle della vita e tutto quanto perché un enorme senso di colpa gli attanaglia.

Nella storia vi è presente anche la tematica della sessualità mostrando come possa esser ricca di sfaccettature e come essa sia parte della vita di tutti noi; questo potrà sembrare particolare  ma io trovo che l’autrice abbia fatto capire quanto essa non debba esser un tabù ma vada apprezzata e considerata come un normale aspetto della vita di tutti noi sia che fossimo degli adolescenti sia che ci aspetti dietro l’angolo la pensione.

Un alto aspetto che emerge riguarda i segreti…segreti forti, atroci, violenti e vulcanici tanto da paralizzare le vite e congelare il cuore portandosi anche all’autolesionismo.

Segreti che condizionano, segreti che una ragazzina viene a scoprire e che affronta con la forza di una donna riuscendo a disarcionare dogmi e regole sociali affrontando scoperte anche brutali ma sapendo discernerle.

Inoltre ci si trova faccia a faccia con la depressione, con quella malattia che tanti rinnegano e quasi tutti evitano di affrontare.

Valeria mostra la depressione, la mette su un piedistallo e ci dice <<Guardatela! Capitela, o almeno non mettevi la benda sugli occhi!>>; ecco…queste pagine ci danno la possibilità di vederla, di affrontarla anche o almeno di venirne a conoscenza. 

Di Nilde vorrei avere la forza, la capacità totale di esser se stessa, di seguire ciò in cui crede e di pensare totalmente con la sua testa ma soprattutto la sua capacità di perdonare e dare un’altra possibilità.

Infine l’autrice, attraverso i vari personaggi, ci mostra come dietro a ognuno di noi ci possano esserci segreti, malvagità e finzione; ci viene palesato l’opportunismo, la gelosia, la violenza, la droga, la mancanza di dialogo e di sostegno.

In un certo senso ha raccontato buona parte delle schifezze della nostra società sottolineando quanto i silenzi e i segreti siano macigni enormi quindi…viva il dialogo e viva la sincerità.

Ora tocca a voi ragazzi…Brucia la vecchia vi aspetta!

Vi abbraccio

La vostra Ele

“BRUCIA LA VECCHIA” SU THE BOOKISH EXPLORER

“BRUCIA LA VECCHIA” SU THE BOOKISH EXPLORER

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Brucia la Vecchia: Attitudine punk, femminismo e memoria del cuore si mescolano nel nuovo romanzo di Valeria Disagio.

Forse non tutti conoscono Valeria Disagio, cantante in svariati gruppi punk, autrice ma anche artista in senso ampio potremmo dire. Dopo svariate attese finalmente ho messo le mani sul suo nuovo libro: Brucia La Vecchia.

In questo nuovo libro, edito da Bookabook tramite crowdfunding, Valeria ci porta in un piccolo paese di montagna per conoscere Nilde. La protagonista è una giovane dall’animo complesso che vive con i nonni. Quel che ancora non sappiamo, e nemmeno Nilde sa, è che la sua vita è stata costruita su un dolore immenso ma anche sulle menzogne.

Ed è in una sera d’estate che prende vita l’avventura di Nilde alla ricerca della verità. Così la ragazza si ritroverà in città a scavare tra i ricordi di quattro persone diverse, mentre lei stessa scava dentro di sé. Farà bene a scavare? O la scoperta della verità sarà traumatica? Non ci resta che seguire Nilde avventurarsi dentro la pancia della città e della memoria.

Si parla anche del mondo, della nostra società, di donne e di tradizioni. E di come tutto venga consumatofagocitato dalle leggi della società per bene. Quella borghesia perfetta, quel capitalismo che ci strappa dalla natura e da noi stessi: anche questo sarà il percorso di Nilde.

E in un finale non scontato scopriremo anche noi la verità e potremmo dire metaforicamente: Brucia la vecchia. Facendo sempre il tifo per questa giovane alla scoperta della vita.

INTERVISTA SU VIVAMAG (Feb. 2019)

INTERVISTA SU VIVAMAG (Feb. 2019)

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Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa “Valeria Disagio” sull’orlo estremo tra l’adolescenza e l’età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo “Casseur: la lotta, l’ebbrezza e la Città Giardino”. Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell’inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Ha gestito un blog – da cui è nato il libro “Discount or die” edito dalla Nottetempo -, ha curato fanzine e cantato in collettivi punk. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo…

Ciao Valeria… Dobbiamo chiamarti “Disagio” o come?

Ah, Disagio va benissimo! È uno pseudonimo nato per puro caso, ma ormai mi ci sono affezionata! Dice molto di me e di come mi pongo nei confronti di ciò che mi circonda! Non volevo usare il mio cognome su Facebook e allora ho messo l’appellativo che usavo quando lavoravo nel sociale e dovevamo mappare l’utenza ma senza violarne la privacy. Allora al posto dei cognomi mettevo “disagio” come cognome…. Lorenzo Disagio, Silvia Disagio…. E così via. Col passare del tempo, il fatto di sentirmi a disagio rispetto a ciò che mi circonda, per me è diventato un manifesto. Qualcosa che ha costruito la mia identità e personalità in risposta agli stimoli e le bastonate esterne.

Vuoi raccontarci del tuo rapporto con la scrittura?

Ho sempre scritto. Da quando ho imparato a farlo. All’inizio era una valvola di sfogo. Ho iniziato a scrivere per rabbia perché i miei non mi avevano fatto entrare ad una festa di Radio Lupo Solitario perché ero troppo piccola! E per me, ai tempi, Radio Lupo solitario era tipo la cosa più meravigliosamente incredibile del mondo. Ricordo che io e la mia amica Oriana, sentendo tutte le pubblicità dei negozi di Gallarate, andavamo in pellegrinaggio lì, credendo che fosse davvero il centro del mondo e l’ombelico del punk-rock! In ogni caso, scrivere, è qualcosa che ho sempre fatto. In forme diverse. In modalità diverse. Dallo sfogo emotivo è diventato qualcosa che ho imparato ad addomesticare e controllare e che mi fa star bene. Mi diverte fare. Una sorta di puzzle o rompicapo quando si tratta di una scrittura “strutturata” come per canzoni che devono stare in una metrica o se devo inventare un claim / payoff per lavoro o se devo stare in un determinato numero di caratteri per i social. La narrativa, invece, è un altro discorso. Lì non ci sono limiti. Io ho delle vaghe idee in testa. Un concetto o qualcosa che vorrei raccontare. Mi metto lì davanti ad un foglio e so che ad un certo punto comincerò a scrivere e la storia verrà fuori un po’ come in un processo automatico e sensibile. Che rapporto ho? Vorrei poterlo fare sempre e in modo regolare. Con tutto il tempo che serve, ma purtroppo al momento o scrivo per lavoro o scrivo la sera (o di notte) dopo 9 ore in ufficio.

Il tuo esordio letterario è stato con il romanzo “Casseur: la lotta, l’ebbrezza e la Città Giardino”. Che ricordi hai di quel libro e di quel periodo della tua vita?

Ho dei ricordi assurdi e confusi. Ero così giovane e “Casseur” era nato per caso, assemblando tutto il materiale che avevo scritto praticamente dai 15 ai 18-19 anni. Dopo molto, per strani incroci del destino, è stato pubblicato che ne avevo 23 o 24. In verità volevo scrivere un libro da regalare alle mie amiche a Natale per raccontare i nostri 18 anni (la fine delle scuole superiori, il G8 di Genova e i primi drammi di cuore…). Lo mandai ad un collettivo di lettori, “iQuindici”, una costola dei Wu Ming e loro se ne innamorarono. Dopo averlo proposto ad una serie di piccole case editrici che ai tempi erano sensibili a certi temi e certe pratiche (come il copyleft), hanno trovato un editore che me lo ha pubblicato. Le cose non sono andate benissimo dal punto di vista umano con l’editore (cosa che mi accade ciclicamente!) e quindi ho interrotto i rapporti professionali e umani. Ai tempi credevo davvero che avrei fatto la scrittrice di lavoro e che pubblicare un romanzo fosse il primo passettino di un futuro certo e stabile nel mondo dell’editoria. La critica aveva reagito in modo molto positivo. Ma poi, finita l’università, ho passato anni e anni a lottare contro la precarietà professionale, casini personali e pur non avendo mai smesso di scrivere, purtroppo, ho relegato la scrittura ai rari ritagli di tempo che riuscivo a salvare dal delirio della quotidianità. Sentendomi magari in colpa perché rubavo il tempo alla gestione della casa o ai rapporti con le persone che avevo attorno. Però ho continuato a fare parecchie cose, sempre a caso! Fare cose a caso è la mia cifra stilistica!

Tempo dopo hai trasferito la scrittura sul web (il blog “discount or die”) ma poi è nato anche un libro/guida cartaceo sui prodotti da discount. Vuoi parlarcene?

Ecco… “Discount or die” è la prova più lampante e concreta di come, spesso, le cose mi accadano senza che io le vada a cercare. Il blog è nato come una goliardata tra amici. Ai tempi ero super squattrinata e studiavo copywriting e scrittura creativa allo IED (mi sono potuta permettere lo IED solo grazie a dei soldi ricevuti come risarcimento per la tragica morte di mio nonno in un incidente!) e ad una certa c’era questo art director della Ogilvy che ci ha fatto una lezione sul concetto di invertising, ovvero un nuovo modo di concepire la pubblicità ai tempi dell’internet. L’idea è quella che in un’epoca in cui siamo tutti connessi non ha più senso dire che ciò che vendo è bello o buono o santo, perché tanto i “consumatori” – concetto che lui rifiutava, per giunta. Così come rifiutava tutto il gergo militare o di guerra che si usa nella pubblicità o nel marketing – parlano tra di loro, creano comunità virtuali di scambio reciproco e prima di comprare cercano sul web il parere dei loro “pari”. Ed è per questo che oggi la pubblicità ti deve vendere un bel pacchetto di valori e elementi identitari, associandoli ad un prodotto. Far innamorare di un prodotto o meglio, di un brand, perché quel brand parla di noi, di quello che proviamo, di quello che sentiamo, di quello che vorremmo essere. E allora lì mi sono detta: basta vergognarsi di essere poveri e precari, rivendichiamo il discount e il nostro rifiuto (nato anche dalla necessità) di credere che spendere tanto sia necessariamente figo! Basta con la ricerca affannosa della ricchezza a tutti i costi e della realizzazione personale attraverso l’accumulo di carta-moneta! Poi, ai tempi, gestivo insieme al mio compagno un cineclub con baretto annesso e ci divertivamo a recensire birre di merda o snack assurdi proveniente dal mondo delle sottomarche.

E le fanzine? Ricordo quella fotocopiata che girava per Varese… Come si chiamava? “Nihilismi”!

Oh, merda… manco mi ricordo come e quando sia nata! Sicuramente eravamo al cineclub Domenica Uncut e sicuramente eravamo ubriachi. Poi il giorno dopo mi sveglio e la mia dignità (o tentativo di preservarla) mi fa mantenere fede alle promesse fatte o i progetti annunciati da ubriaca. “Nihilismi” è stato qualcosa del genere. Presumo. Era divertentissima e molto libera e trash. Si andava dalla saggistica (come la guida al diritto d’autore o allo squirting) alla narrativa distopica. Grandi firme. Grandi pseudonimi. Io mi firmavo Barbra Streisand e Jessica Fletcher! Se non fossi la cazzona autosabotatrice che sono, Nihilismi avrebbe potuto benissimo essere l’antesignano di “Vice” però meno furbo e più votato al non-sense. Ma come si è capito, credo, faccio spesso cose a casaccio e quando capita di imbroccarne una, faccio il possibile per farla andare male!

Per un periodo sei stata la front-woman di una band punk che ha girato tutta Europa. Cosa ci dici a riguardo?

Sono stati anni bellissimi e intensi. Cantare per me è stato qualcosa di… passami il termine: “mistico”. Mi ha rimesso in contatto col mio corpo, la mia femminilità e la percezione dello spazio che occupo nel mondo. La scena punk è meravigliosamente sconclusionata, irruente e sincera come me. Così sincera che troppo spesso ci si dimentica che ci sono verità convenienti e verità distruttive. Io ho scelto sempre di essere sincera, anche a costo di fare e farmi del male e, nel momento in cui non potevo più esserlo, ho capito che dovevo fare un passo indietro. Suonare in un gruppo punk, fare parte di un collettivo, è qualcosa che va fatto solo e soltanto se si è convinti al 100% o se si vive in un contesto abbastanza resiliente in grado di mettersi sempre e comunque in discussione. Per varie vicissitudini politiche e personali avevo bisogno di farmi da parte, scendere dal palco. Al momento, timidamente e in punta dei piedi, sto mettendo su un altro gruppo. Non abbiamo ancora un nome e abbiamo provato solo poche volte (anche perché c’è di mezzo il mio compagno, nonché chitarrista dei Drunkards, che vive a 300 km da qui), ma prima o poi tornerò a girare e cantare sicuramente.

Vuoi parlarci di “Brucia la Vecchia”?

Tra tutte le cose assurde e controproducenti e potenzialmente dannose che ho fatto nella mia vita, mi è capitato di scrivere diversi romanzi. Alcuni sono stati pubblicati e altri no. “Brucia la vecchia” per esempio, rientra nella seconda categoria e ho deciso di provare a farlo attraverso Bookabook, una piattaforma di crowdpublishing. Ché significa che non sarà un editore a scegliere se questo romanzo merita o no di finire nelle librerie, ma la comunità di lettori che si costruirà attorno a questa storia. Il libro racconta la storia di Nilde (la protagonista) che vive coi nonni a Colle Torto, un piccolo paese di montagna con le strade strette, tortuose e ghiacciate sei mesi l’anno. Orfana, vegetariana e solitaria, indossa il lutto per la morte prematura e violenta della madre, di cui non custodisce alcun ricordo all’infuori di una pigna di libri consumati, qualche disco e le bugie di nonna Adele e nonno Evaristo. «Mio padre non so chi sia. Credo sia un pezzo di cane che ci ha abbandonate» racconta. Eppure sarà una lettera di quel padre sconosciuto a svelare una menzogna lunga quindici anni e a catapultare la giovane Nilde indietro nel tempo, a quell’inverno in cui Lisa morì per mano dell’uomo che amava. Da qui inizia un viaggio fatto di verità nascoste, vite interrotte, sensi di colpa attraverso gli occhi spietati di una sedicenne a cui tocca il compito di giudicare, condannare e liberare dai peccati quegli adulti responsabili (direttamente o indirettamente) della morte di Lisa Malatesta. Sua madre. Come è nato questo libro? È nel 2009 che ho scritto la parola “fine” alla prima versione del romanzo. Da allora ho avuto a che fare con numerosi editori, agenti e neo-mecenati che mi hanno proposto di tagliare di qua, modificare di là, riscrivere e rielaborare per rendere la mia storia più pubblicabile, vendibile a attrattiva. La cosa però non è mai andata a buon fine. Perché insisto? Perché credo in questa storia e nel mio lavoro. Ho scritto “Casseur” che avevo 18 anni. È stato pubblicato che ne avevo una ventina. Da allora non ho mai smesso di scrivere anche se ben poco di tutto ciò che ho prodotto, ha visto la presunta legittimazione di un bollino Siae e di un codice a barre. Le mie parole hanno trovato casa, però, in fanzine fotocopiate e semi-regalate su tavoli sporchi di birra durante i concerti. …e hanno trovato casa nel web, raggiungendo molte più persone di quanto abbia fatto col mio primo romanzo. Ho deciso di usare una piattaforma di crowdpublishing per sperimentare quella che da molti viene considerata una legittimazione dal basso, anche se io preferisco parlare di orizzontalità. No, non è editoria a pagamento che mi fa abbastanza ribrezzo. E non mi sto manco pubblicando il libro da sola implorando la gente di prendere una copia per rientrare nelle spese. La vedo come una sfida! Le regole sono semplici. Ho 100 giorni per raccogliere 250 pre-order del mio romanzo. Ora sono al 41% e mancano un’ottantina di giorni. Se ottengo questo risultato “Brucia la vecchia” verrà pubblicato. Altrimenti chi lo ha prenotato riceverà la sua copia in tiratura limitata e tanti saluti, pacche sulle spalle e facciamoci una bevuta insieme quando ci vediamo. Ah, e poi c’è che mi galvanizzo tutta per le sfide e il mettermi in gioco e avere “l’ansietta adrenalinica” del buttarmi a fare cose a casaccio, e questa roba lo è senza dubbio.

E di “I mortificatori”?

Atra cosa nata a caso. Ho letto “On Writing” di Stephen King e lo ho trovato illuminante. Il sottotitolo è “il mestiere di scrivere”. Nel libro Stephen King racconta la sua vita come scrittore. Da quando, con dodicimila figli, pochi soldi e un lavoro di merda, scriveva nei ritagli di tempo. Della frustrazione dei rifiuti da parte delle case editrici. E del fatto che la moglie abbia raccattato “Carrie: lo sguardo di Satana” dal cestino della spazzatura perché credeva in lui e in quella storia. Quel libro distruggeva e dissacrava l’idea dell’artista tormentato, ingestibile e in balìa dell’ispirazione. Leggendo quel libro ho scoperto che scrivere è prima di tutto un mestiere. Non è solo talento o fortuna, ma l’impegno quotidiano e costante. Un vero e proprio mestiere artigiano. E allora ho provato ad applicare quel metodo (scrivere sempre, tutti i giorni, tot battute al giorno e al massimo poi cestinare e molte altre cose) e ho scelto la struttura del romanzo di genere proprio come sfida. Volevo stare dentro a quelle regole. Non scrivere più solo quando stavo male per sfogarmi, ma farlo con metodo e così ho imparato a farlo divertendomi. Così è nato un horror – noir divertente che uscirà il giorno di San Valentino per Agenzia X

Cosa ne pensi del futuro della carta? Hanno ragione quelli che la danno per morta?
No, non credo proprio. Credo anzi che potrebbe accadere quello che è successo per la musica. Basta produrre libri di merda e sprecare alberi per un cazzo. Che il libro torni ad essere un oggetto prezioso e da amare come un bel vinile! Per il consumo becero e massificato ben venga il digitale!
Tornando a Nihilismi… avevo appunto scritto un articolo che si chiamava dalla Dittatura della materia al feticcio del supporto.

I tuoi progetti per il futuro?
Voglio continuare a fare ciò che ho sempre fatto. Cose a caso. Fare cose a caso coi punx della Valle Olona! (vedi alla voce Olona Wasteland Punx)
Ora però devo traslocare. Dopo aver traslocato credo che dormirò un mese.
Poi voglio ricominciare a lavorare con impegno e costanza al mio nuovo gruppo. Scrivere scrivere scrivere. E arrivare al goal della mia campagna di crowdpublishing di “Brucia la vecchia”.

Presentazione di “I mortificatori” in Cascina Torchiera – Maggio 2019

Presentazione di “I mortificatori” in Cascina Torchiera – Maggio 2019

In occasione del loro diciottesimo compleanno, nel maggio del 2019, i My Own Voice hanno chiamato un nutrito gruppetto di pirati, piratesse balordi e visionari a festeggiare con loro in Cascina Torchiera Senz’Acqua, spazio liberato e autogetsito fin dagli anni 90 in quel di Milano.

Con i My Own Voice ci ho diviso il palco parecchie volte quando cantavo nei Kalashnikov Collective, con loro ci ho anche registrato un pezzo e sono soprattutto degli amici.

Vuoi cantare con me un pezzo del nostro prossimo disco? Sì. Ok, vieni a quell’ora di quel giorno al Mob Sound e inventiamoci qualcosa. Ecco cosa è venuto fuori.

In quel periodo ero in giro per presentare “I mortificatori” il mio romanzo uscito il giorno di San Valentino per Agenzia X e ho accolto con entusiasmo l’invito di Marchidda a portare il mio romanzo anche lì, in Torchiera, prima dell’inizio dei concerti.

Ho sempre detestato presentare i miei libri. Ho sempre trovato imbarazzante e sbagliato trovarmi dietro ad un tavolo separata da un pubblico, con un moderatore che rintuzzava quei quattro gatti (generalmente amici, parenti e mezzo giornalista) a farmi domande. Credo di essere sempre stata praticamente sbronza durante le presentazioni dei miei precedenti libri. Ricordo una volta che qualcuno (ai tempi di Casseur) mi fece notare che usavo troppo spesso la parola “cazzo”. Dopo tre Coca e Jack, finita la presentazione, la ventenne che ero firmò tutte le copie scrivendo solo “cazzo”.

Insomma… le presentazioni dei libri mi suonavano come una cerimonia o un sacramento che non mi rappresentavano. Poi è uscito questo romanzo e la gente mi ha chiamato a parlarne in quegli spazi e a quei collettivi con cui ero entrata in contatto grazie ai concerti e alla militanza e ho scoperto che il punk non smette mai di insegnarmi robe. Via i tavoli, via le barriere di separazione. Tutti in cerchio su un divano umido di pioggia e pieno di peli di cane, insieme al mio amico e giornalista Gabriele Nicolussi, abbiamo dialogato insieme alle persone presenti. Ed è stato uno scambio reale. Bello. Sentito e vissuto. Ecco alcune foto. Purtroppo non ricordo il nome del fotografo o della fotografa. Hei, tu, sei l’autore o l’autrice di queste bellissime foto? Caccia un urlo.

Finita la presentazione… no, finito l’incontro, una vecchiettina adorabile che ricordava una cartomante mi ha chiesto di leggerle un brano del libro ed i sono stata lì, con lei, per una decina di minuti intanto che facevano il soundcheck a leggerle come è nato l’amore tra Orso e Adele.

[Brucia la vecchia] Recensione di Inchiostro e Parole

[Brucia la vecchia] Recensione di Inchiostro e Parole

Bellissima e sentita recensione del mio romanzo Brucia La Vecchia edito da Bookabook dal blog Inchiostro e Parole. Grazie davvero. Quando l’ho letta ho dovuto rileggerla più volte e ad alta voce, perché non mi sembrava possibile che una sconosciuta potesse sbrigliare la matassa dietro al mio scrivere.

Recensione

Ho appena finito di leggere il romanzo e sono senza parole. Sto facendo fatica a raggruppare le idee, formulare un giudizio, esprimere un parere. Penso ai protagonisti della storia, quelli della fotografia, e provo un senso di disagio. Penso alle loro vite, alle loro scelte, e sento tanta rabbia e poca compassione. Io non ho necessità di perdonarli, come Nilde; per me non sono l’unica cosa rimasta di un passato mai avuto. Sono sensazioni così forti quelle che provi leggendo “Brucia la vecchia“, che fanno la differenza tra un buon libro e uno mediocre. E io credo che quello di Valeria Disagio sia uno dei più bei romanzi che ho letto negli ultimi mesi.

È una storia che ti arriva dentro e ti scuote; una narrazione che ti trascina nel baratro di queste vite spezzate e perse, e nella ricerca di una verità che si fa sempre più soffocante ma mano che viene rivelata. Ma, soprattutto, è un libro scritto in modo impeccabile. Non amo fare paragoni, ma spesso la scrittura di questa autrice mi ha ricordato quella di Paolo Giordano, soprattutto in “Divorare il cielo. C’è una freddezza, un distacco nel descrivere la vita dei cinque amici, che ti lascia perplessa e proprio per questa sua caratteristica ti colpisce ancora di più. È un raccontare mettendo insieme i fatti (come dice la mamma di Alberto) per arrivare alle ragioni per cui quegli stessi fatti sono avvenuti.

[Per leggere l’intera recensione, che suggerisco fortemente, cliccare qui]

D.O.D su La Provincia

D.O.D su La Provincia

Guida punk alla spesa low cost. Una blogger svela i trucchi.

 

«È nato tutto per gioco – racconta Valeria – perché andare a vivere da sola ha voluto dire anche imparare a fare la spesa, bilanciando il portafoglio con la necessità di mangiare qualcosa di buono».

Così, dopo una serata con gli amici allietata da una birra «sconosciuta ma buonissima» trovata nel discount sotto casa, Valeria ha pensato di condividere sul web le sue “scoperte”. Anche perché si è resa conto di quello che sta mettendo in difficoltà i creativi di tutto il pianeta: i consumatori si fidano più del giudizio di una community on line che della pubblicità. Ed è logico: chi confeziona gli spot ha l’intento dichiarato di mostrare solo i pregi di un prodotto, mentre un consumatore disinteressato può raccontarne tranquillamente i difetti.

Così la community attorno a Valeria sta crescendo, tanto che una buona parte dei post su www.discountordie.org sono scritti da lettori che vogliono partecipare all’esercizio di abilità dello scovare leccornie low cost tra gli scaffali di Lidl e Penny Market.

 

Chiara Frangi per La Provincia di Varese, Lunedì 30 Gennaio 2012

“Con la Brignani, via all’era delle autoproduzioni” Varese Report – 14 Giugno 2010


…C’era una volta una brava scrittrice, Valeria Brignani, che esordisce con un bel romanzo, “Casseur”, e dopo cinque anni conclude il secondo romanzo. E allora? Se lo autoproduce: va in copisteria, paga il conto, vende il volume al prezzo politico di cinque euro, se lo promuove da sola. Con un book trailer sofisticato e incisivo, nulla di simile mai visto a Varese, che propone ad un pubblico rigorosamente under-30 le atmosfere del romnanzo. E al suo arrivo a Varese, lancia, con un banchetto, anche altre autoproduzioni di giovani intelligenti. Editori spiazzati (soprattutto quelli che pubblicano a pagamento), mondo culturale lasciato dietro anni luce, piccole nicchie parnasiane “te saludi”, come dicono nella vicina (e sbrigativa) metropoli…

“Amor di libro è giovane” Varese News – 10 Giugno 2010

…13 Giugno 2010
Ritorno all’ordine
Di Valeria F. Brignani
Il terzo appuntamento è con Valeria F. Brignani, giovane autrice varesina, che presenterà in anteprima il suo ultimo romanzo Ritorno all’ordine (Qu’est que ce vous voulez que Ça me foute). L’evento prevede la commistione delle parole del romanzo, la musica di El Toxyque e le immagini di Samuela Iaconis….

“-Ritorno all’ordine- per la scrittrice Valeria Brignani” Varese Report – 9 Giugno 2010

…La scrittrice Valeria Brignani, una tra le giovani autrici più interessanti a Varese, presenterà a Laveno e a Varese il suo ultimo romanzo. Sembra che siano passati anni luce dalla sua opera prima, quel “Casseurs” che, per grinta e linguaggio, non era passato inosservato. Da allora (era il 2005), molta acqua è passata sotto i ponti. E dall’universo giovanile border-line e trasgressivo, siamo passati ora ad un romanzo intitolato “Ritorno all’ordine”…

“Laveno, kermesse per giovani (e negligenti) lettori” Varese Report – 7 Giugno 2010

….Tra i giovani autori presenti alla kermesse, sempre attorno a mezzanotte, segnaliamo l’incontro con la scrittrice Valeria Brignani, indimenticabile per il suo romanzo fuori dal coro “Casseur” (di lei, dice la biografia: “è nata a Varese, alle otto del mattino, di un piovoso lunedì di novembre del 1982…Vive in mezzo ai boschi”). Sul fronte dell’arte, una mostra dedicata alle tavole originali di Corrado Roi, grande disegnatore di Dylan Dog…..