3. REPORT#1 | IL GRANDE ROGO DEL ’25

3. REPORT#1 | IL GRANDE ROGO DEL ’25

12 giugno 2040 – Linea Cadorna, Monte Orsa. Distretto montano della Valceresio.

Il nostro tour è partito dalla provincia.

Non ricordavo più cosa volesse dire vivere sconnessa dal mio dispositivo occhio-orecchio. L’avanguardia della tecnologia, della modifica del corpo e il design di innesti magnetici microdermali che nascono dietro al padiglione auricolare, brillano di luce pulsante sulla tempia e strisciano sotto il sopracciglio per agganciarsi ad un gioiello di acciaio chirurgico a ponte, nella parte alta del naso, tra i due bulbi oculari. 

Da quando ho disarticolato il mio dispositivo dal servitore della rete della Woland Corporation, devo essere io a capire, per esempio, se ho voglia di patatine fritte e dove posso trovare la friggitoria più vicina e più quotata dalla comunità elettrica.  

Devo essere io a bere quando ho sete e ricordarmi di farlo. 

Non ho il conforto di un immediato riscontro in merito a ciò che indosso o ascolto o frequento. Né di ciò che penso. Dobbiamo essere noi a scegliere, a prendere le nostre decisioni.

E infatti ci siamo persi. 

Siamo finiti in mezzo ad un bosco e lasciato il camper a lato della strada, per evitare una fusione del radiatore surriscaldato dalle fatiche della salita impervia e degli imperturbabili tornanti, le curve a gomito e a zig-zag, indifferenti alla sofferenza del vecchio camper di Monica. 

Abbandonata la pianura piastrellata della grande metropoli di Milano, non c’è rettilineo che non si trasformi, all’orizzonte, in una svolta. Curva che non sia in discesa o salita che non nasconda una rovinosa china dietro al suo picco.  

Abbiamo visto il paesaggio cambiare. Addio città-fabbrica e addio città-commerciali. Addio campi lasciati incolti dalla pianificazione agricolo-economica del Buon Senso. Addio tele-strada regolare e magnetizzata su cui non è necessario essere vigili alla guida. Una volta entrati in Provincia, disarticolati i nostri dispositivi e afferrato il volante, la strada ha cominciato a inasprirsi e lungo la nostra prospettiva, si stagliavano le prime colline. Soffici collinette ricoperte di un verde rigoglioso e brillante, in principio, ma poi il verde si è fatto sempre più cupo, fino ad alternarsi a rocce grigie, ruvide e dall’aspetto minaccioso.  

Sbucando oltre una lunga galleria, ci hanno accolto  cinque vette aguzze a saturare la nostra vista. Oltre quelle vette brilla il Lago di Lugano e la costa Elvetica. Ed è lì che abbiamo progettato di fuggire nell’eventualità che qualcosa vada storto in occasione del nostro primo concerto clandestino. 

Abbandonato il camper abbiamo deciso di proseguire a piedi, grazie alle indicazioni scarabocchiate su un foglietto da Fausto,  intanto che parlava con un arcaico telefonino cellulare con A. del collettivo clandestino alla regia della nostra prima data del tour. 

Monica stava legando la sua gallina con un guinzaglio fuori dal camper, quando abbiamo sentito alle nostre spalle una voce maschile che ricordava, però, il tubo di scappamento di un mezzo a motore. 

 «Non vi conviene lasciarla lì, a meno che non vogliate applicare il protocollo D.E.A.T.H. alla gallina. Qui – disse alzando entrambi le mani come a verificare che non piovesse – vivono liberi e selvatici diversi animali come leprotti, tassi, cinghiali e volpi ghiotte di tutto ciò che ha le piume e il becco!» aveva detto il ragazzo con la voce a scoppio, accogliendoci con un grande sorriso giallo di nicotina. 

Dopo essersi presentato stringendoci le mani ed abbracciandoci, si è acceso una sigaretta davanti a noi ed io ho abbassato lo sguardo per la vergogna. 

«Volete? – ci ha chiesto porgendo il pacchetto – ne abbiamo scoperto, e continuiamo a farlo, a quintali qua tra le montagne!» 

Lo sapevo. Conosco la storia di questi luoghi eppure ho ascoltato volentieri il suo racconto di queste montagne, rotta di contrabbandieri e criminali in fuga. Durante le mie indagini preliminari e la pianificazione dei concerti, ho svelato parte dei segreti che questi boschi nascondono. E ricordo, che nel farlo, la mia pelle si era ricoperta di puntini in rilievo e mi si era rizzata la peluria sulle braccia, intanto che un brivido strambo mi ha attraversato il corpo. Ho tremato nonostante le miti temperature di una Primavera inaspettatamente così calda, da ingannare persino le lucertole che, irrompendo tra le crepe del cemento,  si scaldavano alla luce degli schermi pubblicitari. 

Ero a conoscenza del fatto che determinate emozioni potevano generare dei corto-circuiti sensoriali, come tremare anche se non fa freddo, appunto, o svegliarsi in un bagno di sudore persino in pieno Inverno. Ridere fino a lacrimare o ridere nel pianto. Il Buon Senso mi diceva che sarei dovuta stare alla larga da un posto del genere, ma avevo sentito una sorta di livida attrazione per la storia, meschina e sbagliata, di quei boschi. 

Luoghi di sofferenza.

«Tra queste vette nessuna guerra è mai stata combattuta, eppure ogni singola pietra deposta è frutto della miseria, dello sfruttamento e della follia militare» ci ha svelato Signor Nicotina, Monossido di Carbonio, Catrame ed Ammoniaca.  

Ci siamo guardati intorno. Ai lati del sentiero, che aveva smesso di assomigliare una strada da troppo tempo, all’ombra degli alberi e tra il marcire e il rigenerarsi delle foglie in humus, facevano capolino delle cupole di pietra con scorci, finestrelle e feritoie scolpiti nella roccia per far passare luce, aria e la canna di un fucile. 

Messa al sicuro Gallina Siouxsie abbiamo proseguito il nostro cammino con basso, chitarra, gli zaini e il resto della strumentazione sulla schiena. Ci hanno raggiunto, superandoci, altre persone cariche all’inverosimile; chi di panini, chi di birre in lattina ammassate in grandi bidoni di latta adattati a zaino o grosse giare di pioppo intrecciato sorretti con fasce in tensione sulla fronte. 

«Questo è l’ultimo carico, Ballard» ha detto una ragazza dalla larghe spalle e le braccia ricoperte di brutti tatuaggi, appoggiando a terra una cassa che teneva in bilico sulla testa. L’urto col terreno ha dato origine a sbuffi e nuvole di polvere, provocando alcuni colpi di tosse in serie alla ragazza che non si è preoccupata, però, di coprire la bocca con l’incavo del gomito né tantomeno, di disinfettare il perimetro di aria che la circondava. Ho abbassato lo sguardo, ancora una volta, per la medesima sgradevole sensazione che si avverte nel vedere il pus di una ferita infetta e le gocce di sudore di chi perde il controllo dove altri resistono.  

“Credo che il bosco non sia regolato dalle stesse leggi della città e così chi li vive” ho pensato.

 «Questa volta ti sei superata, Lara. Dove ne hai trovati così tanti?» ha chiesto un altro ragazzo che ricordava un cyborg mutante, con una grancassa sulla schiena, aste agganciate a gambe e braccia, cavi che si attorcigliavano come serpenti attorno al collo e un mixer al posto del torace. 

«Non ne ho la più pallida idea. Lo sa la Dea, lo sa! Non mi è mai successo di avere così tanta fortuna. Ma al momento spero solo di darli via tutti per non doverli riportare giù! Pesano, mannaggia. Pesano così tanto che sto rivalutando la mia posizione in merito alla piattaforma digitale di Willy Wonka!» ha detto scoppiando a ridere, seguita da Ballard e il cyborg avvolto nei cavi. 

«Willy Wonka?» ho chiesto senza ottenere risposta, poiché il bottino di Lara ha catalizzato l’attenzione di tutti i presenti, compreso Fausto che si è inginocchiato, come in preghiera, verso la cassa. 

Al suo interno: decine e decine di musicassette, CD e vinili proibiti con teschi, robot, esplosioni nucleari, bestie feroci, filo spinato, armi e bombe a mano, divinità terribili, città in rovina e motoseghe disegnati sulle copertine. Erano uguali a quelli dell’illecita collezione di Fausto. Simili a quei dischi sequestrati dai Tutori della Serenità e che ci erano stati assegnati dalla Woland Corporation durante la nostra officina di lavoro nei primi giorni di Primavera.  

NIGLI

NIGLI

Piace tanto, oggigiorno, l’espressione “narrazione tossica” che si usa, spesso e volentieri, per mettere in discussione gli stereotipi legati ai ruoli di genere. Che sia quell’innato istinto alla maternità (o alla responsabilità genitoriale), che sia qualsiasi argomentazione che gravita attorno alle vittime di stupro, che sia la violenza maschile di giganti buoni che salutavano sempre fino a quando non hanno sterminato la famiglia a martellate per poi suicidarsi… Si parla di narrazione tossica, anche, quando si parla di disabilità, razzismo, culto dell’iper-lavoro e del sacrificio necessario per meritare un cicinin di dignità sul posto di lavoro, dopo aver completato il giro di boa degli stage, tirocini, contratti di apprendistato ecc. ecc. 

Si parla, insomma, di narrazione tossica ogni volta che vogliamo far sembrare bello, giusto e sacrosanto qualcosa che non lo è. Come per esempio i conigli. 

Secoli di disegnini pucciosi che ritraggono coniglietti morbidosi dalle lunghe orecchie e la coda a batuffolo. Candidi, teneri e buffi animaletti che saltellano elargendo gioia e sofficità ma la verità è decisamente diversa. I conigli sono cattivissimi! Territoriali. Violenti. Supponenti. Tracotanti ed arroganti. Non mi viene difficile immaginare perché Fritz abbiamo punito El-Ahrairà – il primo coniglio – rendendolo preda e principe dai mille nemici. Perché guardate questi due, per esempio… Mara Venier e Andrea Roncato al primo loro incontro. Teneri vero?

Mara Venier e Andrea Roncato al loro primo incontro

Eppure sono separati da una rete provvisoria (la plastica non basterebbe altrimenti, perché ci va l’acciaio per resistere a quei denti). Sono separati perché Andrea non è sterilizzato e cercherebbe di montare Mara Venier fino a farle male. Oppure Mara Venier potrebbe reagire piuttosto male e cercare a sua volta di montare simbolicamente Andrea Roncato, per sottometterlo, fino ad aprirgli la faccia o staccargli le orecchie con quelle unghie nate per scavare tunnel nella terra. 

E poi ci siamo noi. Non io e Satana nello specifico, che sicuramente abbiamo i nostri torti, intendo quel “noi” che comprende ognuno di noi nella vastità del tempo e dello spazio. Gli umani.

Mara Venier

Mara Venier arriva da uno stabulario ed era destinata ad essere una cavia per i nostri esperimenti e Andrea Roncato, invece, è nato ed è stato allevato in gabbia per finire in padella. E lo so che hanno un carattere di merda, sono animali difficili da gestire e dal concetto di salute opinabile… ma davvero non posso fare a meno di pensare a dove sarebbero loro altrimenti. A quello che hanno subito i loro fratelli e le loro sorelle. A quello che patiscono da infinite generazioni. 

E poi Andrea Roncato sembra quasi affettuoso. Ed è bellissimo. E, oddio, a guardarli in foto sono proprio teneri, nevvero?  

Andrea Roncato

Ortopunx

Ortopunx

Quella manifestazione di Natura semi-addomesticata formerly known as orto è prima di tutto un esercizio al desiderio. Passi un anno a desiderare cose sbagliate e super sexy come le fragole a dicembre nei supermercati ma ti astieni aspettando che arrivino le tue di fragole. Poi arrivano le fragole, tantissime, buonissime, tutte insieme, troppe. Da non sapere più che farsene. E non ti rimane che condividere e donare quest’abbondanza a chi hai intorno. Eppure quelle fragole (cetrioli, ciliegie, zucchini, pomodori…) sono sempre più di quante se ne possano mangiare in una stagione. Ma non riesci a farle andare a male perché ti ricordi di quel desiderio a cui ti sei astenuta per tutto il resto dell’anno.

Allora cerchi il modo di conservare quell’abbondanza e preservare quel piacere con confetture, sott’oli e barattolame vario – scongiurando il botulino – in attesa di quei tempi di assenza.

E niente, volevo dire che ho fatto questa marmellata con le nostre fragole e ci ho messo una banana dentro, perché era mezza marcia – sebbene quella che per noi è una banana marcia per altri è una banana matura e quella che per noi è una banana matura, per il resto di buona parte del mondo è una banana acerba – ed è buona in modo commovente perché, per sapore e consistenza, è come se stessi mangiando pane, burro e marmellata… ma senza burro! Giurin giuretta.

#ortopunx

Buon viaggio Gallina Trinity

Buon viaggio Gallina Trinity

Vivere a stretto contatto con gli animali “da cortile” e recuperati da situazioni in cui la norma è crescerli per poi ucciderli per le loro carni, vuol dire vivere fianco a fianco con la merda, la malattia e la morte.

Animali fragili poiché non hanno mai dovuto trasmettere geni forti di generazione in generazione e, nel migliorare la propria specie, acquisire la capacità di sopravvivere a un banale raffreddore, per esempio.

A nessuno serve che questi animali siano resistenti e longevi. Neanche a loro stessi, dopotutto, serve far selezione naturale perché hanno difficilmente la sfortuna di invecchiare, come succede per cani e gatti per cui esiste un mercato della cura, invece.

Le galline devono fare le uova. Tante. Appena cala la loro produzione vengono uccise. Se si ammalano vengono uccise – imprecando – perché la carne non è più edibile e persino nella morte si sono rivelate inutili.

Il risultato è che non esiste una reale cultura del benessere di questi tirannosauri in miniatura, dallo sguardo vacuo, ma dalla forte personalità e dall’incredibile propensione alla distruzione. Beh, forse vorrei pure io attorno a me il caos e tiferei terrorismo, se fossi nata gallina ovaiola e non femmina dell’animale Uomo.

No, riformulo la frase. Partendo dal presupposto che persino io anelo al caos e alla distruzione, non oso immaginare quanta cieca furia possa esserci tra quelle zampacce unghiate di gallina ovaiola, per la vita di merda che fa.

Gallina Trinity è morta.

Mi sono svegliata una mattina ed era tutta arruffata nel suo nido da cui non voleva uscire. Dopo poche ore l’ho trovata morta con le zampe all’aria e il corpo rigido in una posa innaturale. Da un po’ di tempo non faceva più uova e ho passato le giornate a studiare le sue feci come fondi di tè, per capire se il suo corpo era abitato da pulci, vermi, acari o altri parassiti. Trovando pochissime informazioni in rete. Per non parlare dei forum di allevatori che credo abbiano una tastiera particolare con un tasto con su scritto “Facci il brodo”. Avrei dovuta portarla da uno dei pochi veterinari che ha a cuore la salute di questi palloni da football con le piume ma non ho fatto in tempo.

Ed io a Gallina Trinity le volevo bene, perché faceva il verso di un modem 56k, perché era tutta nera e si faceva tenere in braccio.

Buon viaggio Gallina Trinity. 🖤

Storia e fastidio: il G8 di Genova come la vodka al Melone.

Storia e fastidio: il G8 di Genova come la vodka al Melone.

Disegnino rubato da Google di Zerocalcare

Credo sia importante – lo è per me – rispettare questo rituale legato alla testimonianza. Perché mio padre me lo ricorda ogni anno. Oggi come allora è il suo compleanno e nel 2001 aveva chiesto ad una piccola Disagio di diciotto anni incazzata coi potenti della Terra, di non andare a Genova. Di farglielo come regalo. Ovviamente non lo ascoltai e il resto è storia.

Storia e fastidio nel vedere che a distanza di vent’anni persino i tiggì delle reti più paracule parlino con indignazione delle violenze delle Forze Armate, col musetto triste e che vergogna, buuuu, per le finte molotov piazzate per giustificare un massacro. Che schifo, signora mia! Che non accada mai più, mi raccomando!

Un fastidio paragonabile a quello dei lacrimogeni che abbiamo respirato e che mi hanno lasciato in dono un eritema che ricompare ogni volta che prendo il sole. Eppure sono stata così fortunata e non smetto mai di ripeterlo, sono stata fortunata, perché in quella scuola non ci abbiamo dormito.

Ma parlavo dell’eritema… di quell’eritema che da vent’anni mi viene se prendo il sole, ma sono fortunata – molto fortunata – perché è una fortuna che io odi il caldo, l’estate, la sabbia e la salsedine. le infradito e l’odore delle creme solari e odio il mare e odio Genova.

Le sue strade di asfalto che mi hanno massacrato i micropiedi, stretti – ovviamente – nei miei anfibi vecchia scuola numero 36 (con la punta di acciaio e il carrarmato rigido) durante quelle ore, ore e ore, di fuga interminabile sotto quel sole di Luglio. Ma siamo state fortunate, continuo a ripeterlo, siamo state davvero fortunate. Quella fortuna tipica degli ingenui che credevano davvero di poter cambiare le cose prima che fosse troppo tardi.

Fresche di maturità e allo sbaraglio tra le strade di Genova coi nostri zainetti senza limoni, maschere o DPI improvvisati, perché credevano in determinate robe: alcune di quelle cose in cui credevamo si sono dimostrate reali e altre, invece, delle giga-stronzate.

Tra quelle vere ci metto quella timida idea che, se le cose non fossero cambiate subito, per la nostra civiltà si sarebbe messa maluccio su tematiche dell’ordine di – come lo direbbero quei Tiggì di cui sopra col musetto allarmato, però – EMERGENZA TERRORISMO, EMERGENZA CLIMATICA, EMERGENZA MIGRANTI, EMERGENZA ECONOMICO-SANITARIA, EMERGENZA INTERSTELLARE, EMERGENZA ALIMENTARE, EMERGENZA CARTA IGIENICA, EMERGENZA WI-FI, EMERGENZA NON SI TROVANO PIÙ CAMERIERI, EMERGENZA CALDO, EMERGENZA LAVORO, EMERGENZA FREDDO, EMERGENZA TOMBINI, EMERGENZA SPAZZATURA, EMERGENZA RAZZISMO, EMERGENZA MORTI TRA I POMODORI, EMERGENZA MILLENIAL, EMERGENZA DELLA PICCOLA IMPRENDITORIA, EMERGENZA DELLA LOGISTICA… che noi, ecco, molto umilmente additavamo come conseguenze di una globalizzazione portata avanti secondo le logiche (sebbene ci sia ben poco di logico) del capitalismo.

C’è stato un momento, quel momento, in cui davvero si poteva evitare che qualsiasi merda di fenomeno diventasse un’EMERGENZA che richiede misure rigide, tempestive e spesso sbagliate e un cicinin liberticide. Chi mi restituisce la libertà di pulirmi le orecchie coi Cotton Fiok e bere un cocktail con una cannuccia, per esempio? Chi?!? Però in compenso possa mangiami un avocado intanto che un caporale ammazza di lavoro un migrante che raccoglie pomodori a qualche centinaio di chilometri da me. Vuoi mettere?

Tra le giga-stronzate a cui credevamo ci metto… c’è bisogno di dirlo? Mannaggia, mannaggia, mannaggia! Andavamo in giro facendo il mantello con la bandiera della pace, merda! Avevamo diciotto anni… Una non si ripiglia più da una così oscena e volgare manifestazione del potere. Come quando ti pigli in giovane età una sbronza di vodka al melone e non puoi più sentirne manco l’odore per il resto della tua vita. Ecco, a me il G8 di Genova e la fine del Movimento No Global mi ha lasciato quella nausea tipica delle brutte sbronze e, da allora, mi basta davvero poco per aver voglia di vomitare. Lo sento subito il puzzo che emana il potere e le sue dinamiche schifose e corrotte anche lì, dove meno te lo aspetti che il potere possa farsi abusante. E per questa cosa non c’è cura. Non è che basta non bere più vodka al Melone del discount e vivere come se nulla fosse, perché a me il G8 di Genova mi ha fatto diventare come gli astemi che dicono “non mi piace il sapore dell’alcol” perché quel sapore lo sentono ormai OVUNQUE.

Ed io questa cosa me la porto dentro da vent’anni. E credo davvero che la mia vita sarebbe stata un pochetto più semplice se esistesse una cura per questo brutto fastidio. Questa mia impossibilità di credere che ci sia un potere “buono”. Il male fisico che provo davanti alla perdita dell’empatia giustificata dall’appartenere o meno ad un ordine di cui si detiene il controllo… o lo si brama. Anche a costo di mentire davanti alle evidenza e inventare una realtà parallela e sci-fi (“Si stato tu, con il tuo sasso” dicevano. “Il proiettile è rimbalzato su un sasso lanciato da un manifestante” dicevano).

Beh, questa mia insana voglia di libertà, giustizia ed equità è incurabile davvero e, ora lo so, il contagio è avvenuto in quei giorni di Luglio del 2001 a Genova.

A Carlo Giuliani e a chi lo piange, come sempre. Come ogni anno, da vent’anni.

Olona Wasteroom Session #Zero

Olona Wasteroom Session #Zero

La Wasteroom è la factory audio/video del collettivo Olona Wasteland Punx, nata per dare voce ai gruppi nella forma più schietta, distorta e genuina. EPISODIO ZERO: Stoned Monkey – LIVE + INTERVISTA!

Accendete i bong, cospargetevi di fango e fatevi devastare l’apparato uditivo.

Bizzarriti to the core // d.i.y. ör die!

Doom or be Doomed!

Olona Lower Death Valley, settembre 2020

Le Sessions nascono nell’autunno 2019 all’interno della nostra saletta autogestita con l’obiettivo di documentare il maggior numero di band legate alla scena d.i.y./underground che orbitano intorno alle lande desolate della Valle Olona. Dopo alcune sessioni di prova, il progetto subisce uno stallo dovuto alla mancanza di energie e di tecnologia. Oggi, costretti dalla sospensione dei concerti sudati, riprendiamo in mano cavi, mixer, telecamere e microfoni: questa modalità di documentare un concerto diventa un modo di testimoniare il momento storico, ricreando momenti di aggregazione e confronto in tutte le fasi del progetto. Il live è ugualmente potente, a metà tra sala-prove e palco, e nella breve chiacchierata a seguire si dà voce ai gruppi nella forma più schietta e genuina, senza le finalità dei patinatissimi video promozionali. Una videozine? Forse. Sicuramente il focus è sui volumi e sulle distorsioni, ma ci teniamo a sottolineare quello che ci spinge: l’autoproduzione come scelta, non trampolino; l’autogestione come strumento per condividere e raggiungere i nostri obiettivi.

Non siamo un collettivo militante, ma crediamo nella libertà: non tolleriamo l’intolleranza!

Presentazione di “I mortificatori” in Cascina Torchiera – Maggio 2019

Presentazione di “I mortificatori” in Cascina Torchiera – Maggio 2019

In occasione del loro diciottesimo compleanno, nel maggio del 2019, i My Own Voice hanno chiamato un nutrito gruppetto di pirati, piratesse balordi e visionari a festeggiare con loro in Cascina Torchiera Senz’Acqua, spazio liberato e autogetsito fin dagli anni 90 in quel di Milano.

Con i My Own Voice ci ho diviso il palco parecchie volte quando cantavo nei Kalashnikov Collective, con loro ci ho anche registrato un pezzo e sono soprattutto degli amici.

Vuoi cantare con me un pezzo del nostro prossimo disco? Sì. Ok, vieni a quell’ora di quel giorno al Mob Sound e inventiamoci qualcosa. Ecco cosa è venuto fuori.

In quel periodo ero in giro per presentare “I mortificatori” il mio romanzo uscito il giorno di San Valentino per Agenzia X e ho accolto con entusiasmo l’invito di Marchidda a portare il mio romanzo anche lì, in Torchiera, prima dell’inizio dei concerti.

Ho sempre detestato presentare i miei libri. Ho sempre trovato imbarazzante e sbagliato trovarmi dietro ad un tavolo separata da un pubblico, con un moderatore che rintuzzava quei quattro gatti (generalmente amici, parenti e mezzo giornalista) a farmi domande. Credo di essere sempre stata praticamente sbronza durante le presentazioni dei miei precedenti libri. Ricordo una volta che qualcuno (ai tempi di Casseur) mi fece notare che usavo troppo spesso la parola “cazzo”. Dopo tre Coca e Jack, finita la presentazione, la ventenne che ero firmò tutte le copie scrivendo solo “cazzo”.

Insomma… le presentazioni dei libri mi suonavano come una cerimonia o un sacramento che non mi rappresentavano. Poi è uscito questo romanzo e la gente mi ha chiamato a parlarne in quegli spazi e a quei collettivi con cui ero entrata in contatto grazie ai concerti e alla militanza e ho scoperto che il punk non smette mai di insegnarmi robe. Via i tavoli, via le barriere di separazione. Tutti in cerchio su un divano umido di pioggia e pieno di peli di cane, insieme al mio amico e giornalista Gabriele Nicolussi, abbiamo dialogato insieme alle persone presenti. Ed è stato uno scambio reale. Bello. Sentito e vissuto. Ecco alcune foto. Purtroppo non ricordo il nome del fotografo o della fotografa. Hei, tu, sei l’autore o l’autrice di queste bellissime foto? Caccia un urlo.

Finita la presentazione… no, finito l’incontro, una vecchiettina adorabile che ricordava una cartomante mi ha chiesto di leggerle un brano del libro ed i sono stata lì, con lei, per una decina di minuti intanto che facevano il soundcheck a leggerle come è nato l’amore tra Orso e Adele.

LABORATORIO DI SCRITTURA FURIOSA & AUTOPRODUZIONE DI STORIE

LABORATORIO DI SCRITTURA FURIOSA & AUTOPRODUZIONE DI STORIE

Come in quella pagina della fanzine Sideburns (dicembre ’76-gennaio ’77), per cui basta conoscere tre accordi per formare una band punk, per raccontare una storia abbiamo bisogno, invece, di almeno 4 accordi

  • PERSONAGGI
  • STRUTTURA
  • LINGUA
  • METODO

Per rendere più divertente il LABORATORIO DI SCRITTURA FURIOSA & AUTOPRODUZIONE DI STORIE del prossimo 8 giugno in occasione del D.I.WILD#3, sarebbe meraviglioso se poteste mandarmi qualcosa che avete già scritto o anche solo l’idea di un soggetto che vorreste sviluppare.

Come? Provate a seguire le indicazioni di questo primo accordo.

THIS IS A CHORD

I PERSONAGGI (più o meno) secondo il linguista e antropologo russo Vladimir Jakovlevič Propp, ma rivisti in chiave punx.

Propp analizzando cento fiabe della tradizione popolare russa individuò dei loop, ovvero delle situazioni che tendono a ripetersi o ritornare nella narrazione. Li divise in personaggi-tipo e in funzioni/azioni ricorrenti. Andiamo a vedere i personaggi-tipo riletti in chiave punx.

  1. Il potere: chi (individuo, istituzione, sistema) opprime il protagonista.
  2. Il detonatore: il personaggio (positivo o negativo) che dà la motivazione al protagonista di iniziare la sua lotta di ribellione al sistema o di resistenza all’oppressione.
  3. Gli ultimi / le ultime: chi subisce l’oppressione e non ha (o non ha ancora) i mezzi per lottare / resistere.
  4. Compagno/compagna: la persona che aiuta il protagonista nella sua ribellione / resistenza attraverso le sue azioni.
  5. La rivoluzione o l’essere liberi/e: meta e traguardo della ribellione / resistenza raggiungibile soltanto sconfiggendo il potere e distruggendo la situazione di oppressione del protagonista, del compagno / della compagna e degli ultimi / delle ultime.
  6. L’icona: il personaggio che prepara, ispira e accompagna il protagonista attraverso le sue azioni, le parole, l’arte, la musica o il suo martirio.
  7. Il/la protagonista: colui che, ispirato dall‘icona e motivato dal detonatore, aiutato dal/dalla compagno/a sconfigge il potere e conquista la libertà o innesca la rivoluzione.
  8. Il servo dei servi: la persona che strumentalizza le azioni del protagonista o lo annichilisce, criminalizza il detonatore e/o l’icona, mistifica la rivoluzione, minaccia l’essere liberi, annichilisce il protagonista per leccare il culo al potere o replicare le stesse dinamiche del potere.

Spesso, uno stesso ruolo può essere ricoperto da più personaggi oppure, per converso, uno dei personaggi potrebbe ricoprire più ruoli. 

Ricordatevi di:

  • inviare tutto a valeria.disagio@gmail.com
  • lasciare a casa la vergogna, il pudore e l’inedia perché scrivere non è esibirsi, ma darsi.
  • portare un bel quadernone (quello più trash vince cose).

THIS IS ANOTHER…

[Continua…]

LAB. SCRITTURA FURIOSA E AUTOPRODUZIONE DI STORIE @D.I.Wild #3

LAB. SCRITTURA FURIOSA E AUTOPRODUZIONE DI STORIE @D.I.Wild #3

D.I.Wild n.3 ・laboratori, autoproduzioni e arti selvagge・

 PROGRAMMA SABATO 8 GIUGNO 2019 

11:00COLAZIONE

Chi arriva per tempo troverà una bella tavola imbandita per fare colazione. Offre VillaPunk! In mattinata sistemeremo gli spazi e organizzeremo i laboratori, una mano è più che gradita.

13:00 PRANZO 

Pranzo con tramezzini, stuzzichini e dolcetti veg a cura del laboratorio di gastronomia vegetale “La zappa e il Mestolo”

“La zappa e il mestolo” nasce dalle passioni di due ragazzi che si sono unite. Abbiamo scelto di utilizzare ingredienti stagionali di origine biologica, provenienti da circuiti virtuosi locali, certificati ufficialmente o tramite il metodo della garanzia partecipata. Cuciniamo le materie prime con cura, utilizzando metodi che ne preservano al meglio le qualità nutrizionali e NON utilizziamo uova, latte o derivati animali, conservanti.

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14:00LAB. LINOCUT

Dimostrazione e spiegazione della tecnica. Saranno a disposizione materiali per intaglio su linoleum. Le matrici realizzate verranno stampate il giorno seguente su carta riciclata attraverso una pressa pneumatica autocostruita.

Laboratorio a cura di:
[DisAssTro]

DisASStro sono due froci che attraverso l’autoproduzione sottolineano le affinità tra Queer e Punk. Il loro background spazia dal piccolo artigianato alle arti applicate ma i loro punti di forza sono la serigrafia, l’incisione su linoleum e un sex appeal della madonna.

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15:00LAB. CATAPLASMI

Durante il workshop verrà spiegato come come si raccolgono e a cosa servono alcune erbe che poi utillizzeremo per fare due tipologie di cataplasmi. Uno per irritazioni vaginali da fare con piante secche e uno per dolori muscolari o contusioni distorsioni da fare in caso d’emergenza con piante fresche.

Laboratorio a cura di:
[Luca dei Boschi – Yggdrasill]Il Progetto Yggdrasil nasce dall’idea di promuovere la permacultura nel contesto montano tra gli 900 e i 1100 metri. Si svolge nel territorio comunale di Frassinoro nell’appennino modenese. L’amore per le erbe officinali e le tradizioni antiche di medicina popolare ci ha spinto a creare un giardino botanico in cui è racchiusa una parte delle erbe che spontaneamente nascono nell’appennino Tosco-Emiliano. Partendo da questa semplice idea, abbiamo cominciato a lavorare i nostri terreni allo scopo di autoprodurre il nostro sostentamento. Il nostro scopo è quello di collaborare come parte integrante della nostra terra per nutrire e rendere vivo il terreno che ci ospita, lavorando insieme alla natura, piuttosto che contro di essa.

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16:00LAB. CARTA RICICLATA

Carta canta. Laboratorio di autoproduzione della carta, riciclando fogli dalla spazzatura. Il workshop prevede la costruzione dei telai, la preparazione della carta, la colorazione naturale… e il giorno dopo li serigrafiamo!!

Laboratorio a cura di:
[Lara e Kate – Ricette dal Caos]

Ricette dal Caos per LungiDaMe, la fanzine anarchica, aperiodica e accidentalmente punk. Ricette dal Caos è una rubrica dedicata all’autoproduzione e alla creatività. 
Una guida di sopravvivenza urbana al capitalismo e all’industrializzazione, che hanno generato prodotti inutili e dannosi da poter “liberamente” scegliere nelle corsie del supermercato. Ricettario ironico di alternative semplici e naturali, di scambio e controinformazione, per volgersi con il sorriso alla ricerca di una libertà reale attraverso la riappropriazione del tempo e della qualità delle esistenze di tutti i viventi. 

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17:00LAB. SCRITTURA FURIOSA E AUTOPRODUZIONE DI STORIE

Impariamo a raccontarci prima che siano “loro” a farlo per noi. Immaginatevi di voler registrare un disco e dover aspettare che sia una grossa etichetta discografica a occuparsi della produzione, della distribuzione e della promozione. Immaginatevi di voler suonare dal vivo, ma di dovervi per forza relazionare (e scendere a patti) con locali non troppo lungimiranti che cercano il profitto certo e ti chiedono perché dovrebbero far suonare voi, quando la cover band di Bon Jovi gli riempie il locale. Dimenticatevi il punk, i concerti negli spazi autogestiti e i dischi passati di mano in mano nelle distro.

Ecco, al momento – a parte rarissime eccezioni – scrivere e fare letteratura vuol dire più o meno questo. Se è vero che le nostre distro sono piene di opuscoli e saggistica militante, è altresì vero che è più difficile trovare testi di narrativa o poesia. Diffondere questi scritti, per chi ha questa urgenza  – non molto diversa dal voler stare su un palco con uno strumento in mano o registrare la propria musica – vuol dire troppo spesso trasformarsi forzatamente fino a diventare un prodotto vendibile su quel mercato contro cui ci opponiamo. Eppure continua a esistere, più o meno sommerso, un modo nostro di raccontarci che non si limita alla retorica politica o ai titoloni indignati e acchiappa clic della “loro” stampa. Come farlo emergere? Facciamo in modo di armare le parole e che le nostre storie siano libere, furiose e ovunque come ratti infetti. Che peste li colga!

Per chi volesse partecipare al laboratorio consiglio di:

  • inviare un breve racconto (possibilmente con ambientazione punk e/o di lotta) a valeria.disagio@gmail.com
  • lasciare a casa la vergogna, il pudore e l’inedia perché scrivere non è esibirsi, ma darsi.
  • un bel quadernone (quello più trash vince cose).

Laboratorio a cura di:
[Valeria Disagio]

Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa “Valeria Disagio” sull’orlo estremo tra l’adolescenza e l’età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo “Casseur: la lotta, l’ebbrezza e la Città Giardino”. Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell’inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Ha gestito un blog – da cui è nato il libro “Discount or die” edito dalla Nottetempo -, ha curato fanzine e cantato in collettivi punk. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

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18:00LAB. SERIGRAFIA

Durante il laboratorio realizzeremo insieme alcune grafiche e le impressioneremo su dei telai serigrafici. Verrà dimostrata e spiegata la tecnica di incisione. Con i telai realizzati il giorno seguente stamperemo tshirt e shopper.

Laboratorio a cura di:
[PaDiy – DisAssTro – NuclearChaos]

PaDiy è Paola: serigrafa e artista militante, vive e lavora principalmente a Bologna e si occupa di graphic design – illustrazione e autoproduzioni. Insieme a DisASStro e NuclearChaos vi farà entrare nel coloratissimo e appiccicoso mondo della serigrafia.

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20:30CHIUSURA LABORATORI

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DALLE 20:30・Stella Nera

Dalle 20:30 ci spostiamo tutti a Stella Nera in via Folloni 67 a Modena (15 minuti di macchina) per la pizzata cotta in forno a legna e concerto After Work Party D.I.Wild con:

– Medicamentosa
– Ich.Bin.Bob
– So Beast
– Ganf

 PROGRAMMA DOMENICA 9 GIUGNO 2019 

10:00COLAZIONE

Chi arriva per tempo troverà una bella tavola imbandita per fare colazione. Offre VillaPunk!

11:30LAB. BIRRA AUTOPRODOTTA E SOVVERSIVA

Introduzione alla birrificazione casalinga. Durante il workshop faremo una cotta di 20 litri di birra, english pale ale. La stessa birra che verrà spinata durante il D.I.Wild!

Laboratorio a cura di:
[Riccardo – Brew Sov]

Brew Sov è un progetto nato una dozzina di anni fa da un giovane anarcopunk beneventano che voleva autoprodursi anche la birra che beveva, oggi la fermentazione continua fra le mura occupate dello Janara Squat.

13:00 PRANZO 

Pranzo con panini veg con burger di stagione e hot dog veg con patate arrosto a cura del laboratorio di gastronomia vegetale “La zappa e il Mestolo”

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14:00LAB. LINOCUT

Durante il workshop stamperemo su carta riciclata attraverso una pressa pneumatica autocostruita le grafiche realizzate il giorno precedente.

Laboratorio a cura di:
[DisAssTro]

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15:00LAB. ERBE OFFICINALI

Il laboratorio esplorerà i molteplici utilizzi che possiamo fare delle erbe, fiori e piante a nostra disposizione. Dal riconoscimento all’utilizzo delle piante medicinali, si proporrà la produzione di uno sciroppo, di una tintura e di unguenti, attraverso i diversi processi di trasformazione ed esponendo le proprietà coinvolte in ognuno di essi, fino ad arrivare al prodotto finito, tra nozioni di storia e folklore.

Laboratorio a cura di:
[Limbs Disarm]

Laboratorio proposto da Limbs Disarm, collettivo coinvolto da anni in svariati aspetti dell’autoproduzione: dalla coltivazione sinergica e cosmesi naturale, alla stampa serigrafica underground e riproduzioni artistiche di elementi che vanno dal periodo Neolitico all’epoca vichinga, in un vortice di punk, storia e leggende.

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16:30LAB. BUCATO DA CAPO

Laboratorio di autoproduzione di detersivi per lavatrice. Durante il laboratorio verranno realizzati semplici prodotti ecologici, sostitutivi ai prodotti chimici distribuiti su larga scala, per lavare, disinfettare, profumare e ammorbidire il nostro bucato.

Laboratorio a cura di:
[Lara e Kate – Ricette dal Caos]

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17:30LAB. SERIGRAFIA

Saranno presenti due bracci serigrafici autoprodotti dove poter stampare borsette con le grafiche del D.I.Wild. Se vuoi porta una maglia da stampare!

Laboratorio a cura di:
[PaDiy – DisAssTro – NuclearChaos]

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19:00CHIUSURA LABORATORI E MOIJTO PARTY a cura di VillaPunk

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DALLE 20:00PIZZA CON FORNO A LEGNA a cura di VillaPunk

Sforneremo pizze fatte con ingredienti bio, cotte nel forno a legna autocostruito con terra cruda durante il D.I.Wild del 2014.

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EXTRA

LAB DJ SET
Dalle 16:00 entrambi i giorni Lele e Tino ci faranno da sottofondo con il loro djset – Porta i tuoi dischi e impara a mixare!
[SCS Crew]

LAB. FOTOGRAFIA
Entrambi i giorni il Coll. SusyRec. scatterà foto reportage dell’iniziativa.
[SusyRec. Collective]

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>>>>>FAQ<<<<<

Cos’è “D.I.Wild”?
D.I.Wild è un’iniziativa nata spontaneamente. Una voglia di condividere esperienze, tecniche, saperi. E’ una giornata di laboratori-workshop-spiegazioni-dimostrazioni-birrefredde-cibobuono-manisporche-condivisione-pratiche libertarie-libertà-diy.

Quanto costano i workshop? Mi devo iscrivere?

I laboratori sono gratuiti e senza iscrizione. Se vuoi e puoi è gradita una sottoscrizione per le spese dei materiali.

Dov’è VillaPunk? Cos’è VillaPunk?
VillaPunk è una casa di campagna. Non è nè un Centro Sociale nè uno Squat. Ma è un luogo, o meglio, uno spazio dove ci piace sperimentare cose nuove. Dove cerchiamo di mettere in pratica esperienze di autogestione pregresse. VillaPunk sta vicino a CastelfrancoEmilia. Non è questo il mezzo per diffonderne l’indirizzo. Molta gente negli anni è passata di qui e sa come arrivarci, ma nel caso tu venissi per la prima volta, manda un’email o chiama per sapere le indicazioni. Arrivarci è facile!

Come si svolgono questi Laboratori?
I/le ragazz* coinvolt* che seguiranno questi laboratori non sono insegnanti (qualcuno si in realtà). Non aspettarti corsi avanzati con materiali infiniti. Chi seguirà i laboratori metterà a disposizione quello che può per rendere il workshop il più funzionale possibile. Ogni laboratorio avrà un proprio orario (da una a tre ore massimo) per poter permettere a tutti gli interessati di partecipare e sopratutto condividere esperienze e nozioni. Se sei pratico di qualcosa e vuoi proporre “cose tue”, porta materiali/attrezzi e vedrai che ogni laboratorio sarà migliore.

Posso proporre anche io qualcosa? Posso portare mie autoproduzioni da vendere?
Puoi proporre le tue autoproduzioni in uno spirito di collettivismo delle tecniche. Questa iniziativa non è una fiera, nè un mercato. Non vogliamo gente che siede aspettando di vendere “merce”. Quindi porta pure le tue autoproduzioni (anche un tavolino se riesci) e preparati qualcosa che spieghi a tutti quello che fai. Se poi vuoi proporti per un Workshop scrivici e vediamo se riusciamo ad organizzare qualcosa insieme.

Si mangia? Si beve? Si cena? Ci si ubriaca?
I pranzi saranno a cura del laboratorio di gastronomia vegetale “La zappa e il Mestolo”. Il menù sarà sempre vegan e biologico: tramezzini, stuzzichini e dolcetti veg per il sabato e panini veg con burger di stagione e hot dog veg con patate arrosto per la domenica. I prezzi del bar saranno comunque bassi e sono di autofinanziamento per l’iniziativa e, si spera, per iniziative future, quindi il bere non portartelo da casa, ci pensiamo noi! La birra spinata sarà della Brew Sov, birrificio autoprodotto sovversivo.

IL SECOLO BREVE

IL SECOLO BREVE


LA LEGIONE ESTRANEA | Opening Act. Il Secolo Breve, duo anarcho-naif, live @ “I Senza Stato – festival del cantautorato anarchico” del Laboratorio anarchico Perla Nera di Alessandria.

A fine giugno del 2017 c’è stata la IV edizione de I SENZA STATO IV meeting multimediale d’arte e creatività organizzato dal Laboratorio Anarchico Perlanera di Alessandria. E per circa 27 minuti io e Paolo Seitan Grassi aka Satana, abbiamo portato in scena un reading musicato di quella lunga favola punk che è “La legione estranea” pubblicata sull’ultimo numero della fanzine (accidentalmente) punk Lungidame. Niente distorsioni, leve che fanno UYIIIII o il sostegno di quelle anime affini – Kalashnikov Collective nel mio caso e DRUNKARDS nel suo – con cui da anni condividiamo palchi, furgoni, sale prove e cose matte. Roba di chitarra, voce e fifa blu, cuore e ringhio di cagna. Prometto che non saremo scalzi. Questo progetto ha un nome ed è IL SECOLO BREVE.

Qui l’opuscoletto con i testi delle canzoni.