“EXPANSION OF THE MOMENT” di Narjes Ghorbani. Testi a cura di Valeria Brignani e Amin Zarif.

“EXPANSION OF THE MOMENT” di Narjes Ghorbani. Testi a cura di Valeria Brignani e Amin Zarif.

NARJES GHORBANI

Il potere del colore e del segno sono le peculiarità distintive del lavoro della pittrice iraniana. Tonalità intense avvolgono ed evidenziano un tracciato sinuoso indice dello scorrere dell’esistenza. La ricerca dell’artista Narjes Ghorbani è introspettiva, viscerale ed energetica. Colore sofferto, colore amatoPittura come vita, portavoce di ragionamenti e sentimenti.

Ho contribuito con un mio scritto al catalogo della mostra. Grazie ad Eileen Ghiggini per avermelo chiesto.


LA BREVE VITA

Il precipitare da una mano che, anziché accogliere, abbandona non può che finire male. Come lo scontro imprevedibile di un sasso lanciato lontano da noi, in quell’oscurità di acque profonde che tutto vorrebbe far dimenticare celandolo agli occhi.

SOGNI INFRANTI

Ma quell’impatto violento, come ogni conflitto, è trattenere il respiro ed è l’apnea di un cuore infranto, di una bomba sganciata su una città, dei bruschi risvegli, delle delusioni e delle unghie spezzate, ossa rotte e menzogne svelate. Sogni derisi. Ho sempre vissuto ogni addio come una paralisi. Perché ogni abbandono, ogni precipitare, ogni conflitto ferma il tempo che smette di scorrere lungo quella linea retta, che trasforma il domani in ieri, il dolore in cicatrici e il desiderio in memoria.

ACCOGLIERE L’IMPERFEZIONE DI UNA MELA BACATA

Nel 1957 il fisico teorico John Archibald Wheeler diede un nome a quei tunnel nell’Universo in grado di collegare due punti spazio-temporali diversi e lontanissimi. Ciò che era conosciuto sui libri con il nome “ponte di EinsteinRosen”, John Archibald Wheeler lo ribattezzò con il per nulla aulico wormhole o cunicolo di quel verme che, simbolicamente, attraversa una mela, divorandola, anziché percorrerla lungo quello scorrere in superficie e che tutti possono vedere. Un tarlo che scava una voragine permettendo all’oscurità di penetrare nella materia. Un sasso che precipita generando un moto perpetuo di cerchi concentrici. Una mano che si ritrae da un’altra rendendo tangibile l’assenza.

LA RIVALSA DEI COLORI

Un buco nero profondissimo in cui perdersi, per ritrovare le foto che abbiamo cancellato dal cellulare, i nomi dimenticati e i volti fuori fuoco, i sogni di una bambina, le sventure da raccontare con il sorriso sulle labbra, la saggezza delle scritte sui muri, la rivelazione dei biglietti caduti dalle tasche e ritrovati da uno sconosciuto, i giochi colorati e sparpagliati nella nostra cameretta, che risorgono e si stagliano, come stelle, nel lutto infinito che l’essere adulto vorrebbe imporre.

NARJES GHORBANI

Davanti all’opera di Narjes Ghorbani il tempo ha ricominciato a scorrere. Perché quelle linee nere ossessive fanno precipitare giù, sempre più giù, fino al fondo di quel buco nero in cui gli opposti si incontrano e coesistono. In quell’altra dimensione in cui la saggezza del presente non dimentica l’indomita arte di sognare, tipica di quelle anime pure che escono dal tracciato di una cornice, per esempio. Quell’esplosione di colore improvvisa e inaspettata che emerge dal subacqueo, dal sotterraneo e dal taciuto ed irrompe in un sorriso luminoso. Davanti all’opera di Narjes Ghorbani ho capito che la sola forza che abbiamo per sconfiggere l’oscurità è l’immaginazione. Non è forse nella natura stessa della speranza, l’arte di immaginare il bene quando intorno sembra trionfare il male? Perché credere ancora nell’amore, in mezzo alla ferocia, è un atto creativo.

Dove c’è arte c’è speranza, ho pensato.

Autoproduzione 2.0 – L’Unità 07/01/2013

Autoproduzione 2.0 – L’Unità 07/01/2013

Kickstarter non è l’unico. Come lui c’è Indigogo, Fundable, Crowdfunder o GreenUnite, per i progetti legati all’ecologia, oppure Appsfunder, per le applicazioni per smartphone e tablet. In Italia abbiamo Musicraiser, piattaforma specifica per band, etichette, organizzatori di eventi e per tutte quelle figure che ruotano attorno alla scena delle cinque note. Che nella musica, spesso, si ricorra all’autoproduzione non è una novità. La cultura del D.I.Y. (Do It Yourself) ha visto i suoi natali nella scena anarco-punk inglese grazie ai Crass, importata nel Belpaese da gruppi come i Kina, perpetuata e rivendicata fino ad oggi da Kalashnikov Collective e molti altri, è sempre stato un grido di battaglia ed una presa di posizione contro le major. Possiamo forse considerare queste piattaforme una forma evoluta del D.I.Y.? Siamo di fronte all’autoproduzione 2.0?

Autoproduzione: È febbre sul web. L’Unità – 7 Gennaio2013

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“Il tappeto rosso” Rolling Stone – Gennaio 2007

Rolling Stone Gennaio 2007

Lavanya Sankaran

IL TAPPETO ROSSO

Marcos y Marcos

Priyamavda vive negli Stai Uniti, i suoi genitori sono ricchi e integrati. Se non fosse per il colore della loro pelle, giureresti che sono americani. Priyamavda cerca le sue radici a Bangalore. Le trova in un dodicenne che accetta di diventare Bramino in cambio di un lettore cd. Ramu dopo una giovinezza all’insegna della promiscuità, si affida alla madre per cercare una buona moglie vergine. Il D’Costa sbircia i suoi vicini, una giovane coppia di professionisti. Lavorano entrambi nel campo dell’informatica. Loro sono moderni. Come moderna è la signora Chouhary: Raju è il suo autista e non tollera che la sera si faccia accompagnare al bar a bere con le sue amiche. Otto racconti indiani. Tre generazioni.

Valeria Brignani

“Bungee Jumping” Rolling Stone – Novembre 2006

Rolling Stone Novembre 2006

Gero Girglio

Bungee Jumping

Marsilio

Ci sono amori adolescenziali teneri e struggenti che ti si appiccicano addosso. Quante lacrime versate per Donnie Darko e la sua Gretchen. Quanta poesia nei due giovani amanti di American Beauty. La mani che si sfiorano e due infelici sempre fuori luogo s’incontrano per sentirsi a casa. Perché l’adolescenza è quel periodo stronzo, in cui ci si sente come “nell’attimo dell’esplosione di un kamikaze”. Sole vive giorni incolore in una città senza nome, fatta di “tane di animali della stessa specie”, popolata da persone senza originalità. Tutti uguali. Tranne uno. Tommy. Tommaso ne ha di merda da mandar giù. Tanta rabbia da riversare nelle sue rime. Rap-catarsi un po’ ridicola. Come si fa a vivere “con il nero che ti cresce dentro”? Tommy e Sole, con le caviglie bloccate a un elastico, si buttano giù, che è un po’ come morire. Si forano la pelle “perché bucarsi fa dormire il peccato”. Diventano traceur. Lo scopo del parkour è percorrere 5km in linea retta. Non importa cosa troverai davanti. Ogni ostacolo deve essere superato. Chi arriva primo vince, il secondo non esiste.

Valeria Brignani

“Indecision” Rolling Stone – Settembre 2006

Rolling Stone Settembre 2006

Benjamin Kunkel

INDECISION

Rizzoli

Dicono che la malattia del secolo sia l’insicurezza, che può portare all’abulia. Se ci metti ore a scegliere cosa ordinare al ristorante, se al supermercato ti paralizzi di fronte ai mille tipi di carta igienica, se usi una moneta per prendere decisioni importanti… Ecco. E’ probabile che tu soffra di abulia. Come Dwight, che ha 28 anni e una laurea in filosofia, che vive strascicando i piedi, sbadigliando e grattandosi i genitali. Scarabocchia su un blocchetto tutto ciò che vuol fare (e non fa). Le cose del mondo scivolano sul suo corpo peloso. Non-vive. Fino a quando in Ecuador, nella giungla, non decide di cogliere il frutto e abbandonare l’Eden. Quale frutto? Quello della consapevolezza del sé. Frutto amaro. Non ci sono scuse. Bisogna scegliere prima di tutto la vita.

Valeria Brignani

“Palazzo Yacoubian” Rolling Stone – Giugno 2006

 

Rolling Stone Giugno 2006

‘Ala Al-Aswani

PALAZZO YACOUBIAN

Feltrinelli

Palazzo Yacoubian è stato costruito negli anni Trenta da un architetto italiano. Si trova al Cairo, ma “Yacoubian” è scritto in eleganti caratteri occidentali. Dove venivano parcheggiate Buick e Rolls-Royce, oggi si allevano polli e conigli. Zaki al-Dusuqi è un vecchio sporcaccione che racconte barzellette sconce, ma un tempo era capace di far impazzire una donna con il tocco delle dita. Taha è figlio del portinaio, è devoto ad Allah, bravo a scuola e vuole fare lo sbirro, ma siamo in Egitto durante la prima guerra del golfo, i politici recitano la fatihà dopo aver accettato una tangente, e nelle università il gruppo degli studenti islamici chiama a sé i poveri e gli arrabbiati. Nel nome di allah si condanna l’amore tra Hatim, giornalista omosessuale, e Abdu, giovane soldato del sud. La Vergine Maria veglia sui loschi traffici di Malak, finto-sarto convertito al cristianesimo. ‘Ala Al Aswani entra in punta di piedi nelle stanze del palazzo. Origlia. Sbircia. Racconta con ironia una storia di decadenza, di debolezze e di cattiveria. Cinico, parla di quel dio che si manifesta “come la gente lo vede, cattivo con i cattivi e buono coni buoni”. Di chi crede in lui. Di chi lo teme. Di chi lo ignora. Di chi lo offende. Ma per fortuna c’è anche posto per l’amore. Inch’Allah…

Valeria Brignani

“Spaperopoli” Rolling Stone – Giugno 2006

G.B. Schieppati

SPAPEROPOLI

Casini

 Di libri sulle droghe e su chi ne fa uso ne sono stati scritti tanti. Questo è diverso. Per capirlo, bisognerebbe prendere una scatola di cartone e rannicchiarcisi dentro. Immaginare che isa il bagno di una stazione. Una voce metallica annuncia l’arrivo e la partenza dei treni. Eppure stai lì. Nella scatola-bagno e non vuoi uscire. Sei al calduccio, nel sudiciume. Pilloline magiche dipingono la realtà come la stanza di un bambino. O come la città del fumetto che leggevi da bambino. Quella del titolo. Senza S. Ecco. Questa è la storia di Spaperino e della sua dipendenza da Spap.

Valeria Brignani

“Occhi di tempesta” Rolling Stone – Febbraio 2006

Rolling Stone Febbraio 2006

Joyce Carol Oates

OCCHI DI TEMPESTA

Mondadori

Ci sono vite vissute in vetrina. Un contegno da mantenere. Non aspettano altro, vogliono vederti crollare. Di questo è convinto Reid Piersons, ex atleta e cronista sportivo, bello e simpatico. In casa ha una foto in cui stringe la mano a Bill Clinton. Mille trofei, una bella moglie, tre figli, amici ricchi e influenti. Ma quando i riflettori vengono spenti, che cose è disposto a fare per preservare l’apparenza? Oates scrive un thriller per raccontare il potere di un uomo sulla sua famiglia. Lo fa attraverso Francesca, la primogenita, e Occhi di Tempesta, la vocina interiore che le sbatte in faccia la realtà. Quel continuo brusìo che demolisce sogni e illusioni. La verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. L’ultima volta che Francesca parla con suo padre si accorge che porta una parrucca. E’ calvo. Non lo aveva mai notato.

Valeria Brignani