L’anima dark di Renzo e Lucia

L’anima dark di Renzo e Lucia

Il giovane varesino Andrea Tomassini illustra il romanzo manzoniano per l’editore Curcio. «Ho puntato molto sul tratto per cercare di ricordare al lettore la tradizione della silografia»

«Ho conosciuto I Promessi Sposi per gioco» racconta Andrea Tommassini, giovane illustratore varesino, che ha prestato il suo tratto per una nuova edizione del romanzo più famoso di Alessandro Manzoni, per i tipi di Armando Curcio Editore. «Ero alle elementari e in televisione mandavano uno sceneggiato Rai con Alberto Sordi nei panni di Don Abbondio. Il giorno dopo la messa in onda, a scuola, la maestra ci leggeva i brani del romanzo e da subito, per me, quella storia, i suoi personaggi e i luoghi descritti, hanno avuto una forte connotazione visiva».

Era il 1989 e, solo un anno più tardi, il trio comico Marchesini, Lopez e Solenghi mise in scena un’esilarante parodia della travagliata vicenda di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. La storia la conosciamo tutti: studiata (e a volte mal tollerata) da generazioni e generazioni di studenti della scuola dell’obbligo. «Al liceo, si può dire che abbia subìto I Promessi Sposi, come tutti – confessa Andrea, laureato al Dams di Bologna e diplomato al Joe Kubert’s World of Cartooning – ma è stato all’Università che ho imparato a conoscere Alessandro Manzoni e ad apprezzarne il lato umano, soprattutto.

Da “L’anima dark di Renzo e Lucia”. Il Varesino 12/05/12

D.O.D su La Provincia

D.O.D su La Provincia

Guida punk alla spesa low cost. Una blogger svela i trucchi.

 

«È nato tutto per gioco – racconta Valeria – perché andare a vivere da sola ha voluto dire anche imparare a fare la spesa, bilanciando il portafoglio con la necessità di mangiare qualcosa di buono».

Così, dopo una serata con gli amici allietata da una birra «sconosciuta ma buonissima» trovata nel discount sotto casa, Valeria ha pensato di condividere sul web le sue “scoperte”. Anche perché si è resa conto di quello che sta mettendo in difficoltà i creativi di tutto il pianeta: i consumatori si fidano più del giudizio di una community on line che della pubblicità. Ed è logico: chi confeziona gli spot ha l’intento dichiarato di mostrare solo i pregi di un prodotto, mentre un consumatore disinteressato può raccontarne tranquillamente i difetti.

Così la community attorno a Valeria sta crescendo, tanto che una buona parte dei post su www.discountordie.org sono scritti da lettori che vogliono partecipare all’esercizio di abilità dello scovare leccornie low cost tra gli scaffali di Lidl e Penny Market.

 

Chiara Frangi per La Provincia di Varese, Lunedì 30 Gennaio 2012

TU MENTI Racconto per Art Party 2010 – Sferica

TU MENTI Racconto per Art Party 2010 – Sferica

Il Comune di Varese, in collaborazione con l’Associazione Liberi Artisti della Provincia di Varese, fondata nel 1977 e oggi composta da 72 artisti, tra cui pittori e scultori, ha promosso un progetto espositivo denominato “ARTPARTY 2010” tra artisti, architetti, fotografi e letterati della nostra Provincia.
Proponendo questo progetto, Marcello Morandini ha voluto per la prima volta coinvolgere più forze culturali attive sul territorio e sottolineare in questo modo lo spirito e il valore progettuale che dovrebbero avere le future edizioni di “ARTPARTY”.

[…] Il progetto nel suo complesso è stato coordinato da un Comitato Direttivo responsabile, composto da Marcello Morandini, Presidente dell’Associazione Liberi Artisti, per le arti visive, Riccardo Blumer per l’architettura, Giorgio Lotti per la fotografia e Chiara Zocchi per la letteratura.

Il mio racconto…

TU MENTI

di Valeria F. Brignani

Quello che sa è che così fa meno male.

Ha davanti a sé una scatola di cartone logora e ricoperta di nastro adesivo. Ha diversi timbri, alcuni francobolli e arriva da un paese lontano e sconosciuto. E’ un regalo di un vecchio amico che scrive: “Da queste parti credono che guardando dentro e specchiandoti nella sfera, vedrai ciò che sei realmente.” Si chiede perché l’abbia mandata a lui. Si domanda perché dovrebbe farlo. Guardarci dentro, specchiarsi, voglio dire… Ha una vita serena, una relazione stabile con una vita sessuale normalmente fiacca. Una manciata di amici più o meno intimi. Un lavoro mediocre che gli dà tanto tempo per quella che è sempre stata la sua passione. Scrivere.

Scrive per hobby. Non ha mai creduto di farla diventare una professione. In questa città, in questo paese, solo i raccomandati riescono a vivere di scrittura. E’ che non esiste la meritocrazia… Devi conoscere qualcuno per fare qualsiasi cosa. Diceva spesso. C’è questa specie di élite di vecchi borghesi che detengono il potere e la cultura. Hanno i capelli brizzolati e una qualche associazione estetico-culturale. Loro si prendono cura di te e ti dicono cosa e come dovresti scrivere per essere come loro.

Ma lui non vuole essere come loro.

Un mecenatismo-cannibale per mantenere e preservare la lobby dei creativi. Come Crono che divora i suoi figli, perché è così che gli hanno detto, le citazioni tratte dalla mitologia greca sono cosa buona e giusta. Danno un tono. Alzano di un livello la qualità della creazione, come un buon tappetto nel giusto ambiente.

Diciamoci la verità: quant’è ridicola la frase “Da grande voglio fare lo scrittore”. Gli adolescenti e gli sfigati sognano. Sognare è qualcosa che soltanto gli arroganti e gli ingenui si possono permettere di fare.

E poi c’è il discorso pratico: i libri vanno pubblicati e gli editori sono tutti dei merdoni. Dal primo all’ultimo. I piccoli editori ti vogliono fottere e per quelli grossi non esisti. Allora tanto vale autoprodursi e andare contro a certe logiche merceologiche, perché la cultura non si compra! Libera diffusione delle idee e della creatività! Firma la petizione per depenalizzare la pirateria nella discografia! Combatti l’industria della musica e dell’arte. Tanto, tutto ciò che è mainstream vuol dire populismo imprenditoriale ed infima qualità. Se hai successo è perché sei un venduto.  Come si può pensare ad un’idea con il codice a barre?

Ha una vita serena, una relazione stabile eccetera eccetera… Perché mai dovrebbe aprire la scatola e specchiarsi nella sfera. Quello che sa, è che così fa meno male.

Venti anni a inseguire un sogno e non avere talento. E’ una cosa triste. .. forse è il momento di fare un figlio.

Il SANGUE di G.G.Allin

Il SANGUE di G.G.Allin

Abbiamo detto di amarci troppo presto. Non che non lo credessimo… La cosa era stata sincera, forse incentivata da una sbronza colossale, ma comunque autentica. Ci conoscevamo da pochi mesi. Eravamo solo colleghi in un negozio di dischi, quando me lo hanno presentato, ho pensato che doveva essere un tipo strano. Forse troppo fuori dalle linee di condotta e buonsenso a cui sono sempre stata abituata. Entrambi con storie finite male alle spalle e nessuna voglia di investire energia e tempo in una relazione. Perché tutti, ma proprio tutti i rapporti umani sono destinati a far del male. Gli amici si trascurano, gli amanti si tradiscono. É così, per quanto idilliaco possa sembrare, ogni legame umano è una forma di lenta e silenziosa tortura. Eppure, si stava dannatamente bene insieme, cinici e disincantati, anti-romantici per eccellenza. Non progettare niente che andasse oltre la settimana, vivere il presente, rifiutare anche la più debole spinta ottimistica di sognare un domani insieme. Oh  sì, una sintonia sessuale favolosa, ma anche la consapevolezza che prima o poi avremmo scopato sempre di meno fino a smettere di avere voglia di farlo. Ci saremmo trovati noiosi, prima o poi.

In mezzo ai dischi e ai vinili una storia d’amore “no future”… Quella parola, “amore”, veniva derisa e disprezzata. Fino a quella sera… Una bottiglia di whisky in due e io piegata in due sul cesso a vomitare. Lui con una mano sulla mia fronte, che mi puliva la bocca con una salvietta umida, premuroso e preoccupato, chiese dell’acqua calda e limone alla barista.

«É inutile che ci raccontiamo stronzate» dissi sbiascicando.

«Per quanto masochistico possa risultare, non siamo fatti per vivere da soli. Senza un compagno, sarei destinata a morire soffocata nel mio vomito nel sonno, da sola. Da sola! Con i miei gatti che mi mangiano la faccia» piagnucolai e vomitai ancora un po’, accasciandomi sul pavimento pieno di piscia. Fu in quel momento che lo disse.

«Io ti amo, ti amo dal primo momento che ti ho vista».

Da quella sera abbiamo passato mesi e mesi ad amarci senza freni. Giornate vissute in totale simbiosi a riempirci di baci la faccia, le mani e le braccia. Baci rubati quando il negozio era deserto. Sfiorarsi di nascosto dietro la cassa e quel vuoto, quell’incapacità di esprimere ciò che ci univa. Il “ti amo” non bastava più. Lo avevamo detto ad altre persone, credendoci, ed era finita di merda. Tra noi era diverso. Noi sapevamo che saremmo invecchiati insieme. Il “ti amo” era diventato “ti amo da morire”, ma neanche quello era sufficiente. Volevamo un’espressione, un’immagine che rappresentasse a pieno ciò che ci legava. Qualcosa che nessuno aveva mai detto ad un’altra persona. Qualcosa, che il più nobile dei poeti, non sarebbe stato in grado di esprimere.

Un giorno in negozio, il corriere ci portò gli ordini della settimana. Spacchettando scatoloni, lui emise un urletto di eccitazione e frenetico si precipitò verso il lettore dvd emozionato come un bambino, disse:

«Questo non te lo puoi perdere. Sai chi è G.G. Allin?»

Non lo sapevo e ciò che vidi dopo mi lasciò senza fiato. Un uomo calvo, nudo, pieno di sangue che canta e caga sul palco. Poi prende la sua merda e se ne spiaccica una parte addosso, il resto la butta sul pubblico. Un uomo col cazzo più piccolo che avessi mai visto in vita mia. Un uomo, sporco di merda e sangue, che va da una donna giù dal palco e le prende la testa e cerca di forzarla a succhiargli il micro-cazzo, ma non ce la fa, perché arriva un ragazzo e comincia a picchiarlo.  Il resto del pubblico scappa e lui li insegue, per poi finire in mezzo ad una strada qualsiasi di New York. La telecamera registra la reazione della gente per strada. Il disgusto. Non avevo mai visto niente di simile.

«Oh mio dio..» dissi, «Non è per niente igienico!».

«É G.G. Allin, piccola. Occhio a come parli di lui. Questo è stato il suo ultimo live. Dopo poco tempo è morto… »

«Ho capito… ma dai, fa schifo. Sarà pieno di malattie.»

«Su questo ci puoi scommettere. Dal suo sangue credo che si sarebbero potuti estrarre i ceppi delle più gravi malattie dell’ultimo secolo.»

«Amore…»

«Dimmi, cara?»

«Ma se andassimo insieme ad un concerto di G.G. Allin…»

«Impossibile. Ti ho detto che è morto.»

«Sì, ok… è un discorso ipotetico. Ma se G.G. Allin fosse ancora vivo, e decidessimo di andare ad un suo concerto e lui dovesse farmi ciò che ha fatto a quella ragazza…»

Lui mi guardò e senza farmi finire la frase, disse:

«Ho capito ed è sì: ti amo così tanto che toccherei G.G. Allin, il suo sangue malato e la sua merda infetta per salvarti amore mio.»

«E io verrei con te al concerto e accetterei il rischio di farmi lanciare la sua merda addosso, se tu lo desiderassi Amore.»

Carovana Dei Versi

Carovana Dei Versi

Nel 2009 ho interrotto con della prosa l’interessante Carovana Dei Versi edita da Abrigliasciolta…

Interrompo il far poesia per parlare di poesia. Parlo di poesia e rivendico il mio diritto di farlo come piace a me. Interrompo e rivendico di poter parlare di poesia, di questa poesia, come se fosse qualcosa di diverso. Pornografia o musica, per esempio.
Ciò che voglio dimostrare con queste parole è una breve e fondamentale verità: la poesia è hardcore.

Hardcore. Una parola sola per tre significati.
Uno.
La prima volta che è stata usata serviva per distinguere il soft dall’ hard nella pornografia. Tolto il divieto di mostrare atti sessuali espliciti nel cinema, i registi e i produttori del mondo del porno, hanno pensato bene di togliere tutto ciò che era superfluo per sbattere su pellicola la naturalità e la schiettezza della penetrazione. E per quanto assurdo possa sembrare, anche questo dato torna utile ad avvalorare la mia rivendicazione. La poesia è hardcore anche in questo senso.

Tre. (Come degenarazione del Due)
Prendere un qualsiasi genere musicale e ignorare la tecnica o la benché minima capacità espressiva o desiderio di armonia. La matematica, perché in fondo la musica è fatta di matematica, si riduce ad un numero periodico che si ripete all’infinito. Sempre uguale, senza produrre operazioni di calcolo, moto o azione. Tum-Tum-Tum-Tum-Tum [Tum]. Vi prego d’ignorare questo insignificante significato.

Due.
E’ questo il senso che c’interessa. Hardcore è quel punk suonato negli Stati Uniti da degli adolescenti, in quel periodo storico che va dal 1980 al 1985. Circa. E a mio avviso rappresenta l’apice e la conclusione delle musica. Dal punk hardcore in poi si può parlare solo di produzione. Prima degli anni Ottanta: di sperimentazione. Una lunga e meravigliosa fase di esperimenti e tentativi per arrivare alla verità illuminante e universale, che la perfezione di ottiene togliendo e non aggiungendo.

La storia della poesia e la storia della musica sono molto simili. Per molto tempo hanno viaggiato insieme. Sono state la stessa cosa. Poi la musica ha incontrato l’industria e la poesia è stata torturata denigrata crocifissa dal sistema educativo mnemonico. La scuola ha prodotto intere generazioni di lettori persi terrorizzati e disgustati dalla metrica. L’industria discografica ha prodotto intere generazioni di consumatori musicali. Ma non bisogna piangere. Il momento in cui la musica ha perso di vista la poesia, la poesia ne ha guadagnato. In questo divorzio la parte lesa è sicuramente la musica. La poesia invece si è ripresa. Si è reinventata. Come? Togliendo. Dopo un momento di sconforto (che farei coincidere con le produzioni di fine Ottocento e primissimo Novecento) in cui i poeti continuavano a poetare costretti nella metrica e fedeli alla tradizione. La cosa aveva senso ai tempi del connubio tra musica e poesia, ma ora, ne converrete che a meno che uno non lo faccia per vezzo, poetare in metrica risulta triste come quegli uomini a cui viene amputato un arto e continuano a sentirlo. C’è stato un momento di sconforto, lo riconosco, ma per fortuna è passato. Gioiamo e alziamo le braccia al cielo è arrivato il VERSO LIBERO!!!!

Ma torniamo al punk. Quegli adolescenti inconsapevolmente illuminati, negli anni Ottanta, negli Stati Uniti, hanno fatto ciò che era giusto fare. Hanno portato la musica alla fine del suo percorso evolutivo. Hanno rinunciato alle regole e alla struttura fissa che ci si aspetta da una canzone (strofa-ritornello-strofa). Hanno eliminato i virtuosismi tecnici e un po’ autocelebrativi (niente assoli, nessuna scala canora). E’ rimasta la musica, con la sua irruenza e la sua brutalità.

E qui, ci si ricollega alla pornografia e alle scene esplicite dell’hardcore.

Ora concludo questa mia rivendicazione aberrante e chiedo scusa di aver paragonato la poesia alla pornografia. Di sostenere che i Black Flag rappresentino l’evoluzione naturale di Wagner. Chiedo scusa di essere uscita fuori tema, ma vi ho avvisato in tempo. Lo sapevate che si sarebbe trattata un’interruzione.
Interrompo e rivendico. Cosa? La sobrietà non è altro che la brutalità che si fa poesia.

Quest’anno torno ad interrompere. Se nel 2009 parlavo di pornografia e punk, questo 2011 mi vede riflettere sui dittatori, formiche, rivoluzioni e l’amore eterno.

Questo è il programma delle performance itineranti.

Per maggiori informazioni, andate qui.

El Toxyque@Ritorno All’Ordine. Atto Unico.

El Toxyque@Ritorno All’Ordine. Atto Unico.


On line le performance di El Toxyque in occasione della proiezione del di “Ritorno All’Ordine. Atto Unico. Parole. Musica. Immagini.” del 13 Giugno 2010 al Teatrino di Via Sacco.

El Toxyque. PARTE I.
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El Toxyque. PARTE II.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=YG8x8bsjAFU&fs=1&hl=it_IT]

El Toxyque. PARTE III.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=1JqDXK4qksc&fs=1&hl=it_IT]

El Toxyque. PARTE IV.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=S4Umd4u4jKY&fs=1&hl=it_IT]