Valeria Tummolo Brignani

Valeria Tummolo Brignani

Alla fine per comprendere cosa sia il privilegio di genere – a parità di classe sociale e colore della pelle – basta immaginarsi due persone che dormono insieme in un letto. Uno (o una) dei due russa prepotentemente, ma non lo sa. L’altro (o l’altra) deve decidere se far finta di niente e subire, usare dei tappi per le orecchie e ignorare il problema, oppure combattere a furia di calcetti sugli stinchi, via via sempre più aggressivi, emettendo buffi versi dal fine educativo – ma dal suono bizzarro – simile a ciò che m’immagino quando leggo a mente le parole con la desinenza alterata in x, u, schwa o asterischi.

Saranno piccole cose, certo, che tanti potranno reputare ridicole; i calci e i versi non sono il rimedio definitivo contro il russare. Non guariscono l’altro (o l’altra) da quel disturbo ma se si vuole dormire nello stesso letto, bisogna trovare il modo di non subire l’altrui russare anche combattendo, calcetto e versetto dopo calcetto e versetto, minuto per minuto…

Allo stesso tempo, però, è necessario comprendere che non bisogna sempre reagire con stizza, perché non c’è dolo in quel curioso fenomeno che generalmente colpisce gli uomini, ma da cui le donne non sono escluse, perché chi russa non sempre è consapevole di farlo. Ed è altresì doveroso capire e far capire che il sonno di una persona che russa, tra apnee, reflussi, gorgoglii e respiri cacofonici, non è un sonno riposante e sono essi stessi (o esse stesse) vittime del proprio russare.

Perché in ogni caso, se qualcuno russa, tutti dormono di merda.

Chiara Bautista
Buon viaggio Gallina Trinity

Buon viaggio Gallina Trinity

Vivere a stretto contatto con gli animali “da cortile” e recuperati da situazioni in cui la norma è crescerli per poi ucciderli per le loro carni, vuol dire vivere fianco a fianco con la merda, la malattia e la morte.

Animali fragili poiché non hanno mai dovuto trasmettere geni forti di generazione in generazione e, nel migliorare la propria specie, acquisire la capacità di sopravvivere a un banale raffreddore, per esempio.

A nessuno serve che questi animali siano resistenti e longevi. Neanche a loro stessi, dopotutto, serve far selezione naturale perché hanno difficilmente la sfortuna di invecchiare, come succede per cani e gatti per cui esiste un mercato della cura, invece.

Le galline devono fare le uova. Tante. Appena cala la loro produzione vengono uccise. Se si ammalano vengono uccise – imprecando – perché la carne non è più edibile e persino nella morte si sono rivelate inutili.

Il risultato è che non esiste una reale cultura del benessere di questi tirannosauri in miniatura, dallo sguardo vacuo, ma dalla forte personalità e dall’incredibile propensione alla distruzione. Beh, forse vorrei pure io attorno a me il caos e tiferei terrorismo, se fossi nata gallina ovaiola e non femmina dell’animale Uomo.

No, riformulo la frase. Partendo dal presupposto che persino io anelo al caos e alla distruzione, non oso immaginare quanta cieca furia possa esserci tra quelle zampacce unghiate di gallina ovaiola, per la vita di merda che fa.

Gallina Trinity è morta.

Mi sono svegliata una mattina ed era tutta arruffata nel suo nido da cui non voleva uscire. Dopo poche ore l’ho trovata morta con le zampe all’aria e il corpo rigido in una posa innaturale. Da un po’ di tempo non faceva più uova e ho passato le giornate a studiare le sue feci come fondi di tè, per capire se il suo corpo era abitato da pulci, vermi, acari o altri parassiti. Trovando pochissime informazioni in rete. Per non parlare dei forum di allevatori che credo abbiano una tastiera particolare con un tasto con su scritto “Facci il brodo”. Avrei dovuta portarla da uno dei pochi veterinari che ha a cuore la salute di questi palloni da football con le piume ma non ho fatto in tempo.

Ed io a Gallina Trinity le volevo bene, perché faceva il verso di un modem 56k, perché era tutta nera e si faceva tenere in braccio.

Buon viaggio Gallina Trinity. 🖤

Strani soldati senza bandiera: un radiodramma partigiano di RadioCane.

Strani soldati senza bandiera: un radiodramma partigiano di RadioCane.

Dal blog di RADIOCANE

Strani soldati, quelli riesumati dalla penna di Giulio Questi, che come «uccelli portati dal vento di montagna» vagano per imprecise latitudini e oniriche curvature del tempo «alla ricerca di combattimenti e di cose da mangiare». Partigiani le cui storie non indugiano nella dolcificante agiografia dei giusti, ma hanno piuttosto il sapore schietto e amaro di una polenta bruciata; ad ascoltarle la Grande Storia si fa minuscola e feroce e i suoi attori vili e coraggiosi al tempo stesso, impegnati in una guerra di montagna noiosa e avventurosa, misera e felice, tenera e spietata, «una specie di grande educazione verso la vita, la morte e la natura».

È da questo straordinario repertorio di resistenza alla fame e al freddo, prima ancora che al piombo delle brigate nere, che abbiamo attinto per la realizzazione di questo radiodramma.

Atto primo: La Valle del Bergamino Impiccato

In cui si narra  di una valle innominabile schiacciata sotto il barbacane di un diga e di un villaggio abitato da strani soldati senza divise e senza bandiere che giocano a carte, prendono il sole e aspettano qualcosa di grande. Poi arriva la pioggia e delle speranze rimangono solo gli spettri. Qualcuno bussa alla porta: sono tre fantasmi incrostati di sale.

Musiche originali composte e eseguite dal Kalashnikov Collective.

Atto secondo: Un sogno di ghiaccio e buio

In cui si narra dell’arrivo di un Comandante con scarpe di gomma, giacca bianca e due occhi celesti che sembrano sorridere. Gli uomini raccolgono i loro stracci per inseguire forse qualcosa di bello, forse solo il peggiore dei sogni, fatto di ghiaccio e buio.

Liberamente tratto dai racconti di Giulio Questi. Musiche originali composte e eseguite dal Kalashnikov Collective.

Atto terzo: Un fottuto casino. La battaglia.

In cui si racconta della battaglia di B., della sua sottintesa simbologia mistica, di come si possa entrare nella storia pur essendo indisciplinati, scalzi e affamati. Perché il mondo è tutto ciò che accade, ma quando accade è solo un fottuto casino. A chiudere: una diga, il dilagante nulla della sua monotona materia e la voce di un fantasma.

Liberamente tratto dai racconti di Giulio Questi. Musiche originali composte e eseguite dal Kalashnikov Collective.

I MORTIFICATORI | IL PODCAST

I MORTIFICATORI | IL PODCAST

Chi sono i mortificatori? Perché sono così interessati alle forme d’arte più radicali? Partendo dal presupposto che la pazzia è anche un godimento dei sensi, i loro adepti cercano nuove vittime tra i giovani artisti emergenti, i più sensibili alle sirene dei soldi, del successo e dell’egocentrismo, i più golosi di droghe e perversioni. I mortificatori sono consapevoli che dei soggetti così creativi possono andare in pezzi, appena un grammo di caos penetra nelle loro fragilità.

Il confine che divide l’arte dalla morte è troppo vago, chi potrebbe dire dove uno finisce e l’altro inizia. Per scoprirne il segreto si narra che questa setta misteriosa utilizzi la tortura mascherata da body art.

Leggenda metropolitana o realtà? Toccherà a Orso Marcuse, hikikomori appassionato di film horror e piante carnivore, scoprire se sono proprio i mortificatori i mandanti del rapimento dell’amata e inquieta Adele, pony express di professione e mina vagante per vocazione.

Un romanzo che offre le chiavi per capire questi tempi feroci e quali pericoli si nascondono dietro la ricerca forsennata dell’apparire sempre sull’onda degli estremismi mediatici, religiosi o politici, in una società dove di estremo c’è solo la solitudine.

Vegan Gyros Vemondo | DISCOUNT OR DIE CHE TUTTO STRIDA

Mai mangiato il gyros in vita mia. La cucina greca è approdata nel post-aperitivo urbano che già non mangiavo bestie e poi i miei vecchi hanno mangiato male in un ristorante greco a Parigi nel 1992. Leggi l'articolo qui
  1. Vegan Gyros Vemondo | DISCOUNT OR DIE
  2. Vegan Sticks Vemondo: cattivi e non sense come Axl Rose | DISCOUNT OR DIE
  3. Hummus Vemondo del Lidl | DISCOUNT OR DIE
  4. Tramezzino vegan Vemondo del Lidl | DISCOUNT OR DIE
  5. Falafel Vemondo del Lidl | DISCOUNT OR DIE
Per una mela

Per una mela

Ho visto due uomini sconosciuti lottare per una mela. Ma forse era un principio. Poiché la mela è finita per terra a rotolare sul cemento umido del mercato coperto di La Spezia.

Il ladro prendeva a sberle il derubato. Il derubato colpiva con un ombrello il ladro. Eppure quella mela restava lì, per terra, tra le pozzanghere che brillavano di gasolio e piscio di ubriachi. Anche quando sono arrivate le guardie e il ladro di mele è scappato, correndo, inseguito dalla volante.

E la gente che guardava l’uomo braccato, aggrappandosi a quei cocktail troppo viscidi tra le mani, inalando e sbuffando vapore al gusto di cannella e bourbon sintetizzato, sarebbe stata capace di indovinare, immaginare che in fondo era stata rubata (e scagliata sul cemento) una mela rosa? O forse era un principio.

I mortificatori – Proposta per una serie

I mortificatori – Proposta per una serie

“I Mortificatori: horror d’amore, arte e cicatrici” è un thriller dalle tinte piuttosto violente ed orrorifiche, ma divertente. Ambientato in una piccola città di provincia, tra artisti, artistoidi, punx, sociopatici e leggende metropolitane che ruotano attorno a una setta che si narra rapisca artisti talentuosi distrutti dall’egocentrismo, dalla depressione o dagli eccessi e ne simulino la morte – a 27 anni – , per poi rieducarli a furia di torture, supplizi e schiaffoni. Leggenda metropolitana o realtà?

Toccherà ad Orso Marcuse, hikikomori appassionato di film horror e piante carnivore, scoprire se sono proprio i mortificatori i mandanti del rapimento dell’amata e inquieta Adele, pony express di professione e mina vagante per vocazione.

Presentazione del soggetto

IL GRANDE ROGO DEL ’25 – Sinossi

IL GRANDE ROGO DEL ’25 – Sinossi

Davvero ho scritto un altro romanzo? Sì, mannaggia e – guarda un po’ – sto cercando una casa editrice che voglia pubblicarlo.

Keywords: cyberpunk, sci-fi, distopia, punk, marketing, multinazionali, guerra civile, dominio, punx, ex blocco sovietico, camperismo, galline e orsi, digiuno intermittente, comunità elettronica, post-apocalisse, carcere, il Mago di Oz, tour, musica, Franti, il protocollo D.E.A.T.H., Dead Kennedys, Brave New World, Aldous Huxley, Woland, Pornoriviste, Wretched, Bikini Kill, This machine kills fascists, Wendy O’ Williams, Karl Popper, Kafka (la band HC), analisi dei sentimenti, il diavolo di Bulgakov, metriche di vanità, Baltika, Pussyriot, Misfits, Egor Letov, Graždanskaja oborona, Polizia, Doom, Via Gola, Negazione, Nerorgasmo, Zygmunt Bauman, Finkbrau, Drunkards, Crass, Discharge, Butyrka, carcere in fiamme, rivolta, Kalashnikov Collective.

Storia e fastidio: il G8 di Genova come la vodka al Melone.

Storia e fastidio: il G8 di Genova come la vodka al Melone.

Disegnino rubato da Google di Zerocalcare

Credo sia importante – lo è per me – rispettare questo rituale legato alla testimonianza. Perché mio padre me lo ricorda ogni anno. Oggi come allora è il suo compleanno e nel 2001 aveva chiesto ad una piccola Disagio di diciotto anni incazzata coi potenti della Terra, di non andare a Genova. Di farglielo come regalo. Ovviamente non lo ascoltai e il resto è storia.

Storia e fastidio nel vedere che a distanza di vent’anni persino i tiggì delle reti più paracule parlino con indignazione delle violenze delle Forze Armate, col musetto triste e che vergogna, buuuu, per le finte molotov piazzate per giustificare un massacro. Che schifo, signora mia! Che non accada mai più, mi raccomando!

Un fastidio paragonabile a quello dei lacrimogeni che abbiamo respirato e che mi hanno lasciato in dono un eritema che ricompare ogni volta che prendo il sole. Eppure sono stata così fortunata e non smetto mai di ripeterlo, sono stata fortunata, perché in quella scuola non ci abbiamo dormito.

Ma parlavo dell’eritema… di quell’eritema che da vent’anni mi viene se prendo il sole, ma sono fortunata – molto fortunata – perché è una fortuna che io odi il caldo, l’estate, la sabbia e la salsedine. le infradito e l’odore delle creme solari e odio il mare e odio Genova.

Le sue strade di asfalto che mi hanno massacrato i micropiedi, stretti – ovviamente – nei miei anfibi vecchia scuola numero 36 (con la punta di acciaio e il carrarmato rigido) durante quelle ore, ore e ore, di fuga interminabile sotto quel sole di Luglio. Ma siamo state fortunate, continuo a ripeterlo, siamo state davvero fortunate. Quella fortuna tipica degli ingenui che credevano davvero di poter cambiare le cose prima che fosse troppo tardi.

Fresche di maturità e allo sbaraglio tra le strade di Genova coi nostri zainetti senza limoni, maschere o DPI improvvisati, perché credevano in determinate robe: alcune di quelle cose in cui credevamo si sono dimostrate reali e altre, invece, delle giga-stronzate.

Tra quelle vere ci metto quella timida idea che, se le cose non fossero cambiate subito, per la nostra civiltà si sarebbe messa maluccio su tematiche dell’ordine di – come lo direbbero quei Tiggì di cui sopra col musetto allarmato, però – EMERGENZA TERRORISMO, EMERGENZA CLIMATICA, EMERGENZA MIGRANTI, EMERGENZA ECONOMICO-SANITARIA, EMERGENZA INTERSTELLARE, EMERGENZA ALIMENTARE, EMERGENZA CARTA IGIENICA, EMERGENZA WI-FI, EMERGENZA NON SI TROVANO PIÙ CAMERIERI, EMERGENZA CALDO, EMERGENZA LAVORO, EMERGENZA FREDDO, EMERGENZA TOMBINI, EMERGENZA SPAZZATURA, EMERGENZA RAZZISMO, EMERGENZA MORTI TRA I POMODORI, EMERGENZA MILLENIAL, EMERGENZA DELLA PICCOLA IMPRENDITORIA, EMERGENZA DELLA LOGISTICA… che noi, ecco, molto umilmente additavamo come conseguenze di una globalizzazione portata avanti secondo le logiche (sebbene ci sia ben poco di logico) del capitalismo.

C’è stato un momento, quel momento, in cui davvero si poteva evitare che qualsiasi merda di fenomeno diventasse un’EMERGENZA che richiede misure rigide, tempestive e spesso sbagliate e un cicinin liberticide. Chi mi restituisce la libertà di pulirmi le orecchie coi Cotton Fiok e bere un cocktail con una cannuccia, per esempio? Chi?!? Però in compenso possa mangiami un avocado intanto che un caporale ammazza di lavoro un migrante che raccoglie pomodori a qualche centinaio di chilometri da me. Vuoi mettere?

Tra le giga-stronzate a cui credevamo ci metto… c’è bisogno di dirlo? Mannaggia, mannaggia, mannaggia! Andavamo in giro facendo il mantello con la bandiera della pace, merda! Avevamo diciotto anni… Una non si ripiglia più da una così oscena e volgare manifestazione del potere. Come quando ti pigli in giovane età una sbronza di vodka al melone e non puoi più sentirne manco l’odore per il resto della tua vita. Ecco, a me il G8 di Genova e la fine del Movimento No Global mi ha lasciato quella nausea tipica delle brutte sbronze e, da allora, mi basta davvero poco per aver voglia di vomitare. Lo sento subito il puzzo che emana il potere e le sue dinamiche schifose e corrotte anche lì, dove meno te lo aspetti che il potere possa farsi abusante. E per questa cosa non c’è cura. Non è che basta non bere più vodka al Melone del discount e vivere come se nulla fosse, perché a me il G8 di Genova mi ha fatto diventare come gli astemi che dicono “non mi piace il sapore dell’alcol” perché quel sapore lo sentono ormai OVUNQUE.

Ed io questa cosa me la porto dentro da vent’anni. E credo davvero che la mia vita sarebbe stata un pochetto più semplice se esistesse una cura per questo brutto fastidio. Questa mia impossibilità di credere che ci sia un potere “buono”. Il male fisico che provo davanti alla perdita dell’empatia giustificata dall’appartenere o meno ad un ordine di cui si detiene il controllo… o lo si brama. Anche a costo di mentire davanti alle evidenza e inventare una realtà parallela e sci-fi (“Si stato tu, con il tuo sasso” dicevano. “Il proiettile è rimbalzato su un sasso lanciato da un manifestante” dicevano).

Beh, questa mia insana voglia di libertà, giustizia ed equità è incurabile davvero e, ora lo so, il contagio è avvenuto in quei giorni di Luglio del 2001 a Genova.

A Carlo Giuliani e a chi lo piange, come sempre. Come ogni anno, da vent’anni.

Regina della Notte

Regina della Notte

A volte mi chiedo dove sia l’uomo che temevo
e che mi ha cresciuto
con Jesus Christ Superstar e Colpo Grosso
prima che cominciassi a fumare e decolorarmi i capelli,
secondo una costellazione pedagogica tutta sua,
fatta di sorsi di brandy, di leggendarie bugie
per cui la mia voce era quella di Astrifiammante,
Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen
(La vendetta dell’Inferno ribolle nel mio cuore)
ma che non mi permetteva di credere
a quella favola hollywoodiana
del ricco che salva la puttana
(non esistono i principi azzurri e nessuno ti verrà a salvare, diceva),
in quel vecchio che rifiuto di vedere malato.
Quell’uomo, mio padre, esiste ancora
celato in quella sete di vino a buon prezzo e voglia di lottare,
in quell’assuefazione alla vita
che ha sostituito i tre pacchetti giornalieri di Diana Blu morbide.
Resiste nel negarmi la sua paura
allo stesso modo in cui decideva cosa era adatto al mio sentire
e cosa i miei occhi non dovevano vedere
dietro alla sua mano di ulivo capitozzato,
tra gli sbuffi rossi di polvere del suo sangue al confino.

Discount or Die, Nottetempo 2012

Discount or Die, Nottetempo 2012

pagine: 252 – 14×20
ISBN: 9788874523535
Data Pubblicazione: 01/05/2012
collana: cronache

Se fare la spesa al discount è un’arte, scegliere tra le infinite sottomarche, sconosciute o imitazioni che siano, è insidioso come scrivere una poesia. Discount or Die , nato come un blog per condividere esperienze e creare un archivio collettivo su ciò che c’è di orrido e sublime nei discount e nell’universo delle sottomarche, in Italia e non solo, è da oggi la guida alla galassia dell’hard discount. Qualità, prezzo, reperibilità, gusto, confronto, analisi. Scaffale dopo scaffale, barattolo dopo barattolo, Valeria Brignani ha raccolto il grand tour di tutti quelli che non solo non sono schiavi del brand, ma mediano, ogni giorno, tra i propri gusti e le proprie tasche. Discount or Die è un diario collettivo e scanzonato nel quale si incontrano ricette, pensieri, aneddoti e consigli per gli acquisti.

Rassegna stampa